Come promesso, abbiamo raccolto e organizzato le principali domande emerse nel corso della tavola rotonda su “Il Rischio Guerra” e, grazie al preziosissimo contributo dei nostri relatori, pubblichiamo oggi questo follow up che speriamo possa essere utile a tutti voi lettori.
Domanda #1
“Da tempo si parla di Fondo Rischi catastrofali relativi agli eventi naturali. Recentemente si aperto il dibattito sul Fondo Rischi catastrofali in agricoltura. Oggi lei ha accennato alla necessità della costituzione di un Fondo rischi guerra in eccesso alle coperture assicurative. Ritiene realisticamente praticabile questa soluzione e quale istituzione dovrebbe secondo Lei assumersi l’onere di dare l’avvio ad un progetto di fattibilità?”
La risposta di LUIGI VIGANOTTI – ACB
Come Associazione riteniamo che il Governo Italiano dovrebbe farsi carico di creare un fondo rischio Guerra che assuma l’onere di risarcire le perdite economiche derivanti uno stato di guerra. Questo Fondo dovrebbe accollarsi tutte quelle perdite finanziarie, ad esempio, dovute a impedimenti, mancato recupero dei crediti…ecc. non certo i danni materiali ai beni che viceversa dovrebbero essere coperti da una polizza assicurativa.
Noi crediamo che debba esserci la volontà politica di operare in tal senso e per quanto ci riguarda ci adopereremo come abbiamo già fatto in passato per i rischi catastrofali, perché venga presentata una proposta di legge in tal senso.
Cercheremo di coinvolgere l’Anra e le altre istituzioni che fossero interessate. Ministero degli esteri , Ania, Ivass. Ecc
Domanda #2
“Nel suo intervento Lei ha portato come esempio di conseguenze indirette della Guerra la confisca da parte del governo Russo di un numero consistente di aerei concessi in leasing da società occidentali. Il danno economico conseguente risulta enorme. Le chiedo se, secondo la sua esperienza le coperture assicurative accese dalle società di leasing prevedono il rischio della confisca, ovvero se state neutralizzate dal rischio guerra?”.
Risponde DARIO MULAS DEBOIS – PIIQ
Le coperture aviazione per le aziende di leasing non sono obbligatorie, e solo l’80% di queste aziende ha coperture in essere.
All’interno di questo gruppo di clienti, le garanzie legate alla Nazionalizzazione, Confisca, Appropriazione indebita etc sono probabilmente presenti nel 70% delle polizze.
Su questa base, è ipotizzabile che almeno il 50% degli aeromobili confiscati in Russia sia protetto da polizza assicurativa, incluso il rischio Nazionalizzazione/Confisca, all’interno della sezione Corpi Guerra della polizza.
Domanda #3
“Lei ci ha introdotto ad un’altra area di rischio – Spazio – le cui conseguenze mi sembrano imponderabili. Ritiene che, proseguendo lo stato di guerra, potremmo ipotizzare una interruzione delle comunicazioni a livello globale? Non credo che esistano coperture per questi rischi. Nel caso questo accadesse esistono piani di crisi atte a minimizzare le conseguenze di tale eventualità?”.
Risponde MARCO RAMADORO
E’ importante distinguere tra servizi di telecomunicazione e servizi di osservazione della terra
L’ipotesi che un peggioramento del conflitto in corso in Ucraina possa avere delle ripercussioni sostanziali sui sistemi di telecomunicazione satellitare a livello mondiale è possibile ma molto remota, in quanto tali sistemi (ad eccezione delle costellazioni di ultima generazione) generalmente utilizzano l’orbita geostazionaria (a 36mila Km di altitudine).
Diverso è il discorso delle informazioni di origine satellitare che le potenze occidentali garantiscono all’Ucraina che ne rafforzano le capacità difensive e di decisione strategica e che potrebbe portare i russi a considerare come obiettivo strategico anche l’infrastruttura spaziale di osservazione della terra (sia civile che militare) che tipicamente viene installata in orbite tra i 400 e i 1000 km di altitudine.
Un potenziale allargamento del conflitto alle infrastrutture spaziali di osservazione della terra avrebbe conseguenze catastrofiche a causa della creazione di un numero indefinito di detriti che comprometterebbero la capacità degli operatori di continuare ad utilizzare satelliti che viaggiano in questo genere di orbite e che sono alla base delle loro attività (sia civili che militari).
Il mercato delle assicurazioni spaziali ad oggi non offre coperture dei rischi guerra, quindi eventuali danni rimarrebbero totalmente a carico degli operatori (pubblici o privati) che offrono tali servizi.
Domanda #4
“Le vostre aziende hanno una visione internazionale dei trends relativi al mercato assicurativo e riassicurativo. Ritiene che comunque le industrie potranno trovare nelle prossime settimane coperture assicurative del Rischio Guerra a condizioni tali da consentire la continuazione degli scambi commerciali anche se ridotti? In pratica oggi sono sostenibili le condizioni economiche e normative richieste per le coperture del rischio guerra, sia riguardo il teatro bellico – e paesi limitrofi – che al difuori dello stesso”
Risponde JEAN LUC ANSELMI – GAREX
Per le prossime settimane purtroppo le coperture assicurative Rischi Guerra per il Marine relative alle zone ed ai paesi ad alto rischio saranno molto difficili da reperire e non solo a causa dell’inasprimento delle sanzioni internazionali contro la Russia ma anche perché la situazione geopolitica va peggiorando con una sempre maggiore minaccia di estensione del conflitto ai paesi vicini.
Risponde MARCO POLISENO – POLIASS
Ci sono già alcuni assicuratori e riassicuratori che non danno più supporto per certi paesi ma ogni richiesta può essere valutata singolarmente anche in base alle proprie specifiche caratteristiche.
Domanda #5
“La “debolezza” dell’impianto assicurativo soprattutto relativamente alla definizione di “Guerra” è stato rappresentato da molti relatori e soprattutto da Lei.
Può provare ad indicarci quale sarebbe la definizione più adeguata alla realtà attuale, prescindendo dal fatto che tale definizione potrà essere accetta dagli Assicuratori?”.
Risponde SIMON MOROSETTI – GBSAPRI
Per cominciare vi ringrazio per la domanda. Non esiste un modo univoco, e l’approccio adottato dipenderà dal testo di riferimento. Tuttavia rimane fermo l’esplicito intento degli assicuratori nel voler escludere dalle proprie coperture Cyber la “guerra” (salvo patto speciale che verrà valutato sulla base dell’esposizione del cliente ed in base alla disponibilità dell’assicuratore stesso).
Pertanto, partendo dal presupposto che il nostro obbiettivo sarà quello di assicurarci l’operatività della garanzia Cyber Terrorismo, assicurandoci per prima cosa che questa venga richiamata con la funzione di “carve back” (quindi volta ad annullare l’effetto dell’ esclusione) all’interno dell’esclusione Guerra.
Sarà quindi importante che la definizione di Cyber Terrorismo abbia un perimetro altrettanto ampio. Ad esempio, non vi devono essere limitazioni che implicano che l’intento terroristico debba essere dichiarato, o che venga esclusa qualsiasi attività in supporto ad operazioni militari.
Bisogna inoltre sincerarsi che l’operatività del suddetto “carve back” non sia circoscritta intorno ai sistemi informatici di proprietà dell’assicurato, così prevenendo l’attivazione della copertura ove il danno economico sofferto da parte dell’assicurato sia una conseguenza di un’attività con finalità terroristiche che abbia colpito un sistema considerato terzo ai sensi delle definizioni di polizza.
L’ approccio sovra espresso consentirebbe all’assicurato di tutelarsi da questa fattispecie, oltre ad essere del parere che sarà necessario un elemento concreto (come una dichiarazione) che dia modo all’assicuratore di chiamare in causa l’esclusione guerra, soprattutto se consideriamo che è quasi sempre impossibile risalire alla fonte di provenienza del crimine informatico.
Domanda #6
“Nel suo intervento Lei ha rappresentato il complesso del sistema sanzionatorio messo in atto nel contesto dello stato di guerra. Lei ha anche detto che l’industria assicurativa, ancillare alle attività industriali e commerciali sono chiamate ad adeguarsi a tali sanzioni.
Le chiedo se un Assicuratore italiano sarebbe sanzionato nel caso in cui coprisse una nave destinata ad un viaggio presso lo scenario bellico ovvero rilasciasse una garanzia ad un soggetto raggiunto da sanzioni. In caso positivo come sarebbe calcolata l’ammontare della sanzione; la sanzione comporterebbe conseguenze penali?”
Risponde l’avv. ENRICO FERORELLI – THMR
In assenza di maggiori dettagli circa la destinazione del trasporto e le merci oggetto dello stesso, il quesito posto può essere trattato in via solo generale: ciò rilevando come lo scenario in esso declinato pare connotato da possibili rischi sanzionatori.
Il quadro normativo inerente alle sanzioni pronunciate in ragione del conflitto bellico in essere, infatti, è caratterizzato dalla imposizione di divieti alla fornitura di beni o servizi alla Federazione Russa (ovvero alle zone del Territorio ucraino soggette a controllo della stessa a seguito dell’aggressione militare).
Senza pretesa di esaustività, può citarsi – in via esemplificativa – quanto previsto dal Regolamento n. 833/2014, secondo cui è vietato:
- “vendere, fornire, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, i beni e le tecnologie a duplice uso […] a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Russia, o per un uso in Russia, se i prodotti in questione possono essere destinati, in tutto o in parte, a un uso militare ovvero a un utilizzatore finale militare. Qualora gli utenti finali siano le forze militari russe, si considera che tutti i beni e le tecnologie a duplice uso forniti siano destinati a un uso militare” (art. 2 par. 1);
- “fornire, direttamente o indirettamente, finanziamenti o assistenza finanziaria connessi ai beni e alle tecnologie inclusi nell’elenco comune delle attrezzature militari, compresi in particolare sovvenzioni, prestiti e assicurazione o garanzia dei crediti all’esportazione, per la vendita, la fornitura, il trasferimento o l’esportazione di tali prodotti, o per la prestazione della relativa assistenza tecnica, a qualsiasi persona fisica o giuridica, entità od organismo in Russia o per un uso in Russia” (art. 4 par. 1, lett. B).
Al quadro sanzionatorio connesso alla violazione di un simile divieto accedono però molteplici incertezze.
Mantenendo la trattazione all’interno del perimetro della casistica esemplificata, può rilevarsi come l’art. 8 par. 1 del Regolamento citato stabilisca che “gli Stati membri stabiliscono norme sulle sanzioni applicabili alle violazioni delle disposizioni del presente regola mento e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l’attuazione. Le sanzioni devono essere effettive, proporzionate e dissuasive”.
Pertanto già solo in ragione della natura (tipicamente) transfrontaliera della fattispecie potrebbe, in primo luogo, entrare in linea di conto l’applicazione della Legge di un differente Stato Membro.
In seconda battuta deve rilevarsi come il Legislatore nazionale non sembri – in materia – aver valorizzato né la pluralità degli atti normativi comunitari contemplanti misure restrittive, né la eterogeneità delle fattispecie in essi contemplati.
Non sembra, infatti, che le condotte menzionate dal Regolamento n. 833/2014 siano connotate, sul piano sostanziale, dalla medesima offensività insita nella violazione imposta dall’art. 4-decies della decisione PESC n. 512/20114, laddove si vieta di:
“a) importare nell’Unione, direttamente o indirettamente, prodotti siderurgici se: i) sono originari della Russia; oppure ii) sono stati esportati dalla Russia; b) acquistare, direttamente o indirettamente, i prodotti siderurgici situati in Russia o originari della Russia; c) trasportare i prodotti siderurgici originari della Russia o esportati dalla Russia in qualsiasi altro paese; d) fornire, direttamente o indirettamente, assistenza tecnica, servizi di intermediazione, finanziamenti o assistenza finanziaria, compresi gli strumenti finanziari derivati, nonché le assicurazioni e le riassicurazioni, pertinenti ai divieti di cui alle lettere a), b) e c)”.
Ebbene: per entrambe le violazioni sembrerebbe rilevare quanto previsto dal d.lgs. 15.12.2017 n. 221 che – una volta genericamente definiti all’art. 2 co.1 lett. H “prodotti listati per effetto di misure restrittive unionali” i “prodotti o […] attività il cui commercio con determinati Paesi terzi è controllato conformemente ai regolamenti (UE) concernenti misure restrittive” – stabilisce che:
“chiunque effettua operazioni di esportazione di prodotti listati per effetto di misure restrittive unionali, ovvero presta servizi di intermediazione o di assistenza tecnica concernenti i prodotti medesimi, in violazione dei divieti contenuti nei regolamenti (UE) concernenti misure restrittive è punito con la reclusione da 2 a 6 anni” (art. 20 co. 1).
In ragione di quanto indicato, non sembra possibile fornire risposta di contenuto circostanziato al quesito diretto a comprendere “come sarebbe calcolata l’ammontare della sanzione [e se …] la sanzione comporterebbe conseguenze penali”.
In primo luogo, infatti, occorrerebbe comprendere se il riferimento alle “attività […] concernenti misure restrittive” di cui all’art. 2 co.1 lett. H d.lgs. 221/2017 possa portare l’attività assicurativa – contemplata dal Regolamento n. 833/2014 e/o dalla Decisione PESC n. 512/2014 – nel novero dei “prodotti listati” (solo in tal caso, infatti, parrebbero entrare in potenziale linea di potenziale conto le sanzioni di natura penale previste dal successivo art. 20 co.1).
In secondo luogo, poi, occorrerebbe ponderare la fattispecie sulla quale andrebbe ad applicarsi l’eventuale sanzione.
Infine – restando nelle cornici esemplificative tracciate supra – parrebbe necessario coordinare i criteri nazionali di applicazione della norma con la previsione contenuta nell’art. 10 del Regolamento n. 833/2014 (“le azioni compiute da persone fisiche o giuridiche, entità o organismi non comportano alcun genere di responsabilità a loro carico se non sapevano, e non avevano alcun motivo ragionevole di sospettare, che le loro azioni avrebbero violato le misure previste dal presente regolamento”), ovvero con l’analoga disposizione di cui all’art. 6 della Decisione PESC n. 512/2014 (“le azioni compiute da persone fisiche o giuridiche, entità organismi non comportano alcun genere di responsabilità a loro carico se non sapevano, e non avevano alcun motivo ragionevole di sospettare, che le loro azioni avrebbero violato le misure previste dalla presente decisione”).
Tuttavia, si discute di aspetti concernenti l’applicazione di sanzioni penali sulle quali (in ragione delle competenze meramente civilistiche possedute dallo scrivente) si reputa opportuno non operare più approfondite valutazioni, demandando ogni esame ad un professionista del settore.