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Italia e le barriere coralline

Ambiente

L’ITALIA E LE BARRIERE CORALLINE

L’Università degli Studi di Milano Bicocca collabora da tempo con i colleghi maldiviani per lo studio di nuove soluzioni per lo sviluppo sostenibile e la salvaguardia delle barriere coralline.

Nel 2009 apre MaRHE – The Marine Research and High Education Center sull’isola di Magoodhoo nell’Arcipelago delle Maldive, un centro di ricerca, formazione e comprensione delle scienze ambientali e di biologia marina per proteggere la biodiversità e gestire in modo responsabile le risorse.

L’accordo tra l’Università milanese e il Ministero degli Affari esteri maldiviano durerà fino al 2030. Il rinnovo firmato recentemente, segnala l’ateneo, “rappresenta un successo per il centro perché permetterà una forte continuità e un ulteriore consolidamento in tutti i suoi ambiti di attività, confermandone la valenza multipla: scientifica, didattica, di terza missione e internazionalizzazione”.

IL MARHE CENTER

Il MaRHE è un campus di circa 3.000 metri quadri aperto a studenti maldiviani, italiani e internazionali. È attrezzato con aule, laboratori e alloggi per didattica e ricerca per lo studio di soluzioni sostenibili.

Rappresenta “un modello eccellente di alta formazione e ricerca che favorisce la cooperazione internazionale e la mobilità di docenti e ricercatori di tutto il mondo”, dichiara il Rettore Cristina Messa, affermando che il governo maldiviano è un “partner strategico con cui ha deciso di rinnovare il proprio impegno a proseguire l‘attività scientifica e didattica”.

Il rinnovo al 2030, afferma Paolo Galli, professore di Ecologia e direttore del MaRHE Center, consentirà “di proseguire con tutte le ricerche in atto e allo stesso tempo di continuare nel processo di aggregazione e confronto con altre realtà scientifiche nazionali e internazionali con uno spirito open source che ha contraddistinto il nostro centro fin dalla sua istituzione”.

Dall’anno accademico 2016-2017 l’Università di Milano-Bicocca ha attivato il corso di laurea magistrale internazionale in Marine Sciences, realizzato insieme a The Maldives National University.

I programmi attuali e i progetti di ricerca in corso presso il MaRHE includono la ricerca sulla barriera corallina, la ricerca sulla pesca e l’acquacoltura, la ricerca sugli squali, la ricerca sui mammiferi marini.

ACCORDO BICOCCA-ACQUARIO DI GENOVA

Recentemente, l’Università Bicocca e l’Acquario di Genova si sono uniti per mandare avanti un progetto tutto italiano: salvare le scogliere coralline.

Da un comunicato dell’Università si legge: “Le due eccellenze hanno stipulato un accordo per sviluppare iniziative congiunte di ricerca, conservazione e formazione dei reciproci staff di ricercatori e biologi per la salvaguardia delle scogliere coralline. L’accordo prevede la messa a punto di nuove tecniche di ‘coral restoration’, il restauro delle scogliere coralline, monitoraggi dello stato di salute dei coralli e loro riproduzione in ambiente controllato”.

Cooperazione annunciata insieme all’inaugurazione presso l’Acquario di un nuovo spazio di 45 mq che ospita 2 sistemi di vasche con 60 specie di coralli, visitabile al pubblico solo all’interno di alcuni speciali percorsi guidati.

Silvia Lavorano, Curatrice del Dipartimento Tropicale Acquario di Genova, ha affermato: “Nel 1992, anno di apertura della struttura, avevamo solo vasche con coralli artificiali e l’idea di popolarle con coralli vivi era quasi un sogno. Oggi vantiamo solo coralli riprodotti da noi in acquario, 2500 individui appartenenti a 60 specie diverse tra coralli duri e molli”.

METODOLOGIE DI CORAL RESTORATION

In queste vasche verranno anche studiate la riproduzione dei coralli, il loro tasso di accrescimento, i protocolli per la cura e il mantenimento degli stessi in modo da mettere a punto nuove metodologie di coral restoration, il ripristino delle scogliere coralline, sempre più minacciate e danneggiate dai cambiamenti climatici.

Ripristinare le scogliere coralline è una sfida tutt’altro che semplice: “Il primo grosso evento di sbiancamento alle Maldive è avvenuto nel 1998 – spiega Davide Seveso, ecologo marino dell’università Milano Bicoccafu un episodio drammatico, dovuto al fenomeno naturale El Niño, in cui morì circa il 90% dei coralli e ne scomparirono alcuni molto sensibili agli stress termici come gli Stylophora”.

Negli anni successivi gli animali sono riusciti a tornare “alla loro funzionalità e a un ricoprimento delle scogliere simile al pre-bleaching”, aggiunge Seveso. Ora però, a causa del riscaldamento globale, “gli eventi di sbiancamento nel mondo sono così frequenti e intensi che le scogliere coralline non hanno abbastanza tempo per recuperare”.

Il fenomeno del coral bleaching ormai avanza ininterrottamente: “anche lo scorso maggio e giugno – denuncia Seveso – alle Maldive abbiamo avuto eventi di bleaching a macchia di leopardo. […] Molte scogliere coralline appaiono irrimediabilmente danneggiate, […] per fortuna in alcune aree si osserva la crescita di piccole reclute coralline”.

PERCHÉ LE MALDIVE?

Le Maldive, spiega Seveso “occupano un’area di soli 8.920 km quadrati, rappresentano il 5% dei reef corallini di tutto il mondo, ma ospitano circa 300 specie di corallo. Inoltre, con la loro altitudine massima di 1 metro sul livello del mare, sono delle zone chiave per studiare il problema dell’innalzamento degli oceani”.

Per ‘riparare’ una scogliera, ci illustra Seveso “si prende un frammento di una colonia madre e si attacca (letteralmente) sulle scogliere rovinate, dove si moltiplicherà sfruttando la capacità dei coralli di riprodursi asessualmente, generando cloni di sé stessi”.

L’acquario, precisa Silvia Lavorano, verificherà “l’influenza delle microplastiche sui coralli, studio che ha già affrontato sulle meduse e valuterà quali materiali biologici sono più consoni all’insediamento delle loro larve. Infine, si occuperà di studiare possibili cure a certe malattie”.

Per applicare poi in natura quanto appreso durante le ricerche condotte a Genova, sono previste diverse missioni scientifiche congiunte alle Maldive.

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