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BEM-VINDOS

In libreria da oggi troverete “BEM-VINDOS” – Diario dal Mozambico, scritto da Daniela Zuccolin ed edito da Infinito. Abbiamo chiesto all’autrice di condividere con noi una breve presentazione di questo libro, perché fossero le sue stesse parole a guidarci in questo piccolo grande viaggio. Vi lasciamo alle sue parole perché possano ispirarvi.

Per presentare questo testo potrei scrivere che se avete nostalgia dell’estate appena terminata, mentre infilate la giacca vento e ricordate di portare in ufficio l’ombrello, questa sia la lettura adatta a voi: vi permetterà di viaggiare restando comodamente a casa vostra. Mentre in Italia arriva l’autunno in Mozambico inizia la stagione più calda!

Andrete lontano, beandovi dei paesaggi, di spiagge affacciate sull’oceano Indiano, il tutto descritto con un gusto che potremmo definire ancora “coloniale”, del pittoresco, del diverso ed esotico, e dimenticherete voi stessi nella contemplazione… Ma non è così semplice: non è sostenibile usufruire della bellezza del paese facendo scivolare via la sensazione netta che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato, in questo viaggio, in questo turismo, nello stesso modello di sviluppo in atto. Il Mozambico è uno dei paesi più poveri del mondo.

Siccome non sono un medico, non una suora missionaria, non un’analista di economia internazionale né una giornalista, bensì una docente di lettere in aspettativa per coniuge all’estero, ho scritto un diario, forma congeniale al mio temperamento, in cui fissare le impressioni lasciate da questa biennale esperienza.

Buona lettura!

Anticipo una critica che secondo me qualche lettore potrebbe fare: c’è, nel diario, una eco di quel mito del “buon selvaggio”, così radicato nella cultura europea. Inoltre, potrebbe darsi che abbia agito in me, anche inconsapevolmente mentre scrivevo, qualcosa del Carlo Levi di Cristo si è fermato a Eboli, o di Pasolini, che ravvisava la crisi della civiltà contemporanea occidentale e la sopravvivenza di una cultura autentica e genuina, contadina, popolare, preindustriale e precapitalistica, nemmeno più nei contadini dei Sassi di Matera, ma ormai solo nelle masse dei diseredati del Sud del mondo. Come nell’Italia del dopo guerra anche in Mozambico ci sono grandi squilibri: il Sud è più sviluppato del Nord, che è ancora, se possibile, più povero. Sicuramente la visione di una realtà così arretrata, come quella di alcuni villaggi, potrebbe aver generato, assieme allo stupore, una tendenza a mitizzare quel mondo lontano, reso ancora più “altrove” dal filtro della memoria, però è tutto vero. Purtroppo è proprio così.

Ma l’interesse del testo non risiede soltanto nella denuncia delle condizioni di vita misere della popolazione, bensì nella descrizione della differenza abissale fra la vita degli espatriati occidentali e dei locali: la permanenza nel Paese permette alla famiglia di arricchirsi, di vedere luoghi meravigliosi ed incontaminati, ai bambini di frequentare scuole internazionali; andare in vacanza in eco-lodge di lusso affacciati sull’oceano, con bagni accessoriati, mentre le persone del villaggio accanto se va bene hanno latrine a pozzo coperte di frasche, altrimenti “defecano a cielo aperto”; fare viaggi romantici in luoghi dove si combatte il matrimonio precoce delle ragazzine. Sono questi contrasti, che emergono nella loro natura paradossale, secondo me, la parte più interessante del diario, quella che deve far riflettere, perché per leggere un’inchiesta sulle condizioni di vita in Mozambico ci sono altri canali e fonti di gran lunga migliori,  quali pubblicazioni on line e testate attente ai diritti umani.

Di nuovo, buona lettura e buon viaggio!

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