La Cassazione chiarisce che il sequestro dei crediti d’imposta è necessario anche lì dove il cessionario non abbia, di fatto, preso parte alla truffa fatta ai danni del Fisco.
La Corte di Cassazione si pronuncia nuovamente sul tema delle truffe legate ai bonus fiscali attraverso la sentenza 44647/2022, chiarendo a approfondendo le conseguenze che coinvolgono tutte le parti in causa nei casi di atti illeciti.
Il caso preso in esame riguarda alcuni crediti inerenti all’agevolazione “bonus facciate” che il beneficiario aveva ceduto a un istituto di credito, ma tale operazione si è successivamente rilevata falsa, pertanto era stato disposto dal Giudice per le Indagini preliminari il sequestro dei crediti presenti nel cassetto fiscale dell’istituto di credito e delle somme presenti sul conto corrente del beneficiario.
Di fatto, il Tribunale Ordinario aveva ridimensionato il perimetro del sequestro, inizialmente operato su tutti i conti correnti e i cassetti fiscali degli imprenditori truffaldini, compresi quelli del cessionario in buona fede.
Successivamente, il Procuratore della Repubblica ha premuto sulla necessità di sequestrare sia le somme ottenute dal cedente e sia i crediti presenti nel cassetto fiscale del cessionario.
La questione è, quindi, passata alla Corte di Cassazione che, però, ha bocciato tutte le tesi sostenute dalla difesa, specie quella secondo cui i crediti d’imposta acquisiti in buona fede devono poter essere utilizzati da chi non ha partecipato al reato ai danni del Fisco. Difatti, secondo il parere della Cassazione, non è possibile consentire la circolazione di crediti falsi, a prescindere dalla buona fede del cessionario.
In sostanza, il cessionario del bonus facciate, pur essendo vittima della truffa del cedente, non può opporsi al sequestro delle somme corrispondenti nel suo cassetto fiscale, poiché la buona fede del cessionario non può consentire che questo fruisca del credito “inesistente”, portandolo in compensazione con i suoi debiti fiscali in danno del Fisco.
La decisione della Cassazione ha, quindi, annullato quella del Tribunale Ordinario, chiarendo che per giustificare un sequestro è necessario che vi sia un legame tra il reato e l’oggetto del sequestro, mentre non è necessario il legame tra il reato e l’autore dello stesso, pertanto, nel caso specifico, il credito (che corrisponde all’oggetto del sequestro), anche se appartiene ad un soggetto in buona fede, è comunque legato al reato, motivo per cui deve essere sequestrato.