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smartworking e responsabilità

Lavoro, Smartworking

SMARTWORKING e RESPONSABILITÀ

L’incremento massivo dei “lavoratori a distanza”,con telelavoro e smartworking (lavoro agile) ci porta ad affermare che anche nel lavoro “niente sarà come prima” della pandemia: ecco uno sguardo sui nuovi scenari di responsabilità.

SMARTWORKING E TELELAVORO

Smartworking e telelavoro sono due modalità di svolgimento della prestazione lavorativa al di fuori dai locali dell’azienda. In entrambi i casi, si tratta di contratti di lavoro dipendente (sia pubblico che privato), ma presentano sostanziali differenze:

  • Con il telelavoro, il dipendente svolge la propria attività in una postazione fuori dai locali dell’impresa, come ad esempio la sua abitazione, dalla quale si collegherà all’azienda con gli strumenti di comunicazione informatici e telematici oggi disponibili (es. computer), messi a disposizione dall’azienda stessa.
  • Con lo smartworking il dipendente svolge la propria attività fuori dall’azienda senza una postazione fissa, in piena autonomia per tempi e luoghi di lavoro. Il lavoratore è quindi libero di scegliere e cambiare il luogo di lavoro come e quando preferisce.

Secondo una stima del Politecnico di Milano prima del Coronavirus solo 570.000 lavoratori fruivano di forme di lavoro a distanza, prevalentemente da casa, per un unico datore di lavoro, con almeno due o tre giorni di rientro in sede a settimana. Secondo il Ministero del Lavoro il 13 marzo (all’inizio del lockdown) il numero di questi “lavoratori a distanza” è praticamente raddoppiato. I Consulenti del Lavoro stimano una potenzialità di oltre 8 milioni di lavoratori da casa, con un conseguente aumento del traffico in rete dal 20 al 50%.

La mentalità secondo cui “l’occhio del padrone ingrassa il maiale” ha molto condizionato l’applicazione in Italia di queste forme organizzative, che viceversa possono comportare vantaggi per i datori di lavoro, l’ambiente e i dipendenti. L’esperienza di altre nazioni mostra che a fronte di un calo della produttività dei lavoratori a distanza durante i primi mesi, nel lungo termine, questa aumenta per circa i ⅔ di questi. Possiamo ritenere il calo iniziale una conseguenza fisiologica dell’inevitabile adattamento al nuovo “sistema di lavoro” e all’inadeguatezza dell’organizzazione logistica.

EMERGENZA E CRITICITA’

Sono diversi i problemi da affrontare nel tempo, in particolare per quanto riguarda la sicurezza, la lentezza delle connessioni. Le funzionalità e le problematiche sono in fondo le stesse che si riscontrano nella gestione di uffici periferici dell’azienda, tra cui:

  • autenticazione degli utenti
  • tracciabilità di tutte le operazioni (di visualizzazione, cancellazione, aggiornamento)
  • gestione dei conflitti in un file condiviso e in modifica presso due o più utenti
  • storage/backup e punto di ripristino
  • eventuale trasmissione cifrata dei dati e firma digitale.

L’irrompente ed inaspettata esigenza dovuta al COVID-19 ha costretto il mondo lavorativo ad assumere in forma massiva queste nuove modalità di lavoro e di rapporto con i lavoratori stessi. In sostanza l’esigenza era quella, ove praticabile, di dare continuità all’attività produttiva.

Non era tempo di soffermarsi sugli aspetti della sicurezza e della responsabilità (conquiste per altro relativamente recenti e secondarie nella situazione di eccezionale contingenza). Un po’ alla volta, in brevissimo tempo il lavoro a distanza ha conquistato l’universo “lavoro”.
Questa pratica fino a febbraio era considerata una scelta di nicchia riservata alle multinazionali e attuata solo da poche imprese italiane. Ora è diventato un sistema sociale adottato da tutti dal quale sembra impossibile tornare indietro, avendone sperimentato operativamente i vantaggi.

Trascuriamo l’analisi socio-economica dei riflessi su fattori essenziali della vita quotidiana quali: trasporti, ristorazione, negozi, rapporti familiari, settore immobiliare. In generale si può ritenere che questa nuova modalità crea una fusione pressoché totale tra attività professionali e non. E di conseguenza si può intuire una attribuzione sempre più marcata degli eventi dannosi alla prima fattispecie.

RAPPORTO TRA DATORE E LAVORATORE

Nella forma e nella sostanza nell’abitazione del lavoratore (o comunque nella ubicazione scelta dal lavoratore per la sua prestazione) si crea una particella dell’ufficio dell’impresa. La conseguenza è che, anche con una autocertificazione del lavoratore circa il rispetto delle normative vigenti in merito alla sicurezza e alla salute, l’impresa è responsabile della salute del lavoratore dovendo garantire allo stesso ambiente e attrezzature allineati alla normativa sulla sicurezza.

Anche l’utilizzo di strumenti di proprietà del lavoratore non esime l’impresa dalla sua responsabilità nei confronti del lavoratore stesso. Pensiamo, ad esempio, all’uso di una sedia non ergonomica o di un PC di vecchia generazione non in linea con le recenti norme sulla sicurezza. Senza parlare dei rischi propri di un’attività svolta in un ambiente insicuro.

DUBBI E DOMANDE

I dubbi e le domande in materia sono moltissimi, ad esempio:

  • incidenti come cadute, incendi per il corto-circuiti (es.per una spina difettosa), etc., come possono classificarsi a livello infortuni (professionali o extra?)
  • come ci si comporta nei confronti di eventuali danni ai familiari, all’abitazione (fabbricato e contenuto)?
  • Sono garantiti dall’INAIL?
  • Sono possibili rivalse?
  • E con il differenziale civilistico come la mettiamo?
  • I familiari conviventi, in particolare i minori, sono terzi?
  • Come risarcire i danni ai beni del lavoratore?

Si aprono così scenari per contenziosi rivolti a spaccare il capello in quattro per determinare le responsabilità. Abbiamo visto che per far rientrare i danni subiti dai lavoratori colpiti da Coronavirus – prescindendo dall’individuazione di come e dove abbiano contratto l’infezione – l’intervento del legislatore ha definito l’evento come infortunio sul lavoro (da cui l’operatività della polizza Infortuni dell’INAIL) con a valle la possibilità di rivalsa sul datore di lavoro che non abbia fatto rispettare le norme di sicurezza prescritte sul luogo di lavoro stesso.

In questo caso, anziché cercare cavilli legali in caso di contenzioso, sarebbe stata utile un’esplicitazione tempestiva della normativa in proposito. Per ridurre le proprie responsabilità le imprese nel tempo dovranno cercare di garantire nelle abitazioni dei lavoratori le medesime situazioni di sicurezza stabilite per i luoghi di lavoro. E su questo l’Inail non sarebbe di aiuto in quanto potrebbe addebitare al datore di lavoro gli effetti degli infortuni domestici.

Parimenti la magistratura potrebbe tendere ad attribuire la responsabilità al datore di lavoro anche per fatti afferenti la sfera privata “in quanto la stessa è stata condizionata da quella lavorativa” (ho dimenticato la pentola sul fuoco in quanto ho ricevuto una telefonata urgente e scoppiato un incendio!).

RAPPORTI CON I TERZI

In questa area la dilatazione della responsabilità del datore di lavoro potrebbe costituire un altro “sfogo sociale” a carico delle assicurazioni. Oltre che l’attribuzione di responsabilità diretta a carico del datore di lavoro per inosservanza delle norme di sicurezza, sarebbero comunque da prendere in considerazione una responsabilità della committenza o, quanto meno, una responsabilità solidale (ex art. 2055 c.c.).

PRIVACY

Un altro aspetto cruciale riguarda le informazioni sensibili – per esempio: sinistri malattia; polizze vita caso morte con designazione di beneficiario; dislocazione di valori, opere d’arte, documenti riservati – che transitino e restino sui PC remoti di proprietà dell’impresa o dei lavoratori, o sulle scrivanie domestiche, accessibili a familiari, ospiti e collaboratori domestici.

Il lavoratore sarebbe obbligato a riporre e chiudere in caso di assenza anche momentanea i fascicoli lavorativi senza la possibilità di monitorarne il mancato rispetto. In conclusione il telelavoro nelle varie forme praticabili e lo smartworking costituiscono un’innovazione più radicale di quanto possa sembrare individuandolo come “lavoro domiciliare”.

Le imprese dovranno far tesoro di tutti i vantaggi che derivano per l’impresa stessa, per l’ambiente, per i lavoratori che possono riqualificare la distribuzione del proprio tempo tra lavoro e famiglia. Ad ogni modo per un tempo più o meno lungo i grandi uffici risulteranno sovradimensionati data la riduzione della presenza in ufficio al di sotto del 50% del personale.

Le attuali polizze RCTO ed infortuni, sottoscritte dalle aziende, non sembrano affrontare in maniera esaustiva i rischi nei termini esaminati. Le imprese di assicurazione dovranno rapidamente adeguarsi alle nuove esigenze o esplicitare eventuali “inadeguatezze” da far sottoscrivere dall’assicurato.

Fonte: ASSINEWS 321 – luglio-agosto 2020

Autori: Gerardo Marrese ed Ennio Profeta

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