Il settore della Bioeconomia in Italia continua a crescere anno dopo anno. Nel 2022, infatti, il valore della produzione dell’intero comparto ha raggiunto i 415,3 miliardi di euro e ha impiegato circa due milioni di persone. Ad evidenziarlo è il Rapporto sulla Bioeconomia in Europa – redatto dalla Direzione Studi e Ricerche di Intesa Sanpaolo in collaborazione con Cluster SPRING e ASSOBIOTEC-Federchimica ed il contributo di SRM (Studi e Ricerche per il Mezzogiorno) ed il Centro Studi G.Tagliacarne – giunto alla sua nona edizione.
Il rapporto offre una stima aggiornata del valore della produzione e degli occupati nel settore per Italia, Francia, Germania e Spagna. In termini assoluti, la Germania è al primo posto per valore della produzione (583,3 miliardi di euro) e numero di occupati (2,2 milioni di persone), seguita da Francia, Italia e Spagna. In termini relativi, invece, la Bioeconomia ha maggiore rilevanza in Spagna e Italia, con un peso sul totale delle attività economiche pari rispettivamente a 12,3% e 11% in termini di produzione e a 7,6% e 7,8% se consideriamo l’occupazione.
L’AUMENTO IN ITALIA NEL 2022
L’output della Bioeconomia italiana è aumentato del 15,9% nel 2022, dimostrando un notevole sviluppo in tutti i comparti del meta-settore. Tuttavia, la dinamica dei prezzi alla produzione ha significativamente influenzato la performance del 2022, accelerando fortemente nel corso dell’anno a causa dell’aumento dei costi delle materie prime che ha portato ad un aumento dei listini di vendita. Nonostante ciò, l’occupazione è rimasta stabile, con circa 2 milioni di occupati per l’intero periodo considerato (2019-2022).
Questo andamento positivo è stato confermato dai risultati di un’indagine condotta su un campione di oltre 2.000 imprese italiane attive nel settore bio-based. In particolare, i dati sull’evoluzione attesa del fatturato per il 2022 evidenziano una quota più elevata di imprese che stima una crescita rispetto ai dati relativi al campione di imprese sondato nell’indagine annuale (55,4% contro il 44%).
La Bioeconomia rappresenta, quindi, un insieme eterogeneo di attività e settori interconnessi tra loro dove deve essere favorita la promozione di scambi di materiali e tecnologie lungo le filiere.
QUALI SONO I COMPARTI ANALIZZATI?
Il nono Rapporto Annuale offre un’analisi dettagliata di due filiere specifiche:
- Energia, oggetto di grande attualità e soggetta a forti discontinuità sia sul piano legislativo che tecnologico.
- Tessile-abbigliamento, che ha subito una trasformazione significativa negli ultimi decenni, cambiando gli equilibri a livello globale.
In Italia, la bioenergia (e i biocarburanti) rappresentano solo l’1% della Bioeconomia. Tuttavia, i carburanti alternativi, tra cui i biocarburanti e i carburanti sintetici, potrebbero rappresentare un’area tecnologica interessante per la decarbonazione.
Secondo l’analisi condotta dalla SRM, infatti, lo sviluppo dei carburanti alternativi potrebbe essere un’alternativa non solo per i trasporti (in particolare per i trasporti aerei e marittimi), ma anche per i settori ad elevata emissione di gas serra, come l’acciaio e il cemento, che richiedono fonti energetiche ad alto potere calorifico. Questi settori sono chiamati “hard-to-abate”.
Inoltre, gli sviluppi tecnologici potrebbero costituire un significativo incentivo per la crescita delle regioni del Mezzogiorno, attraverso una maggiore collaborazione e integrazione tra le sponde Nord e Sud del Mediterraneo, che si caratterizzano per dotazioni di risorse naturali, economiche e tecnologiche complementari.
L’EVOLUZIONE DELLA FILIERA GLOBALE DEL TESSILE-ABBIGLIAMENTO
Negli ultimi decenni, l’industria tessile-abbigliamento ha subito un’evoluzione significativa a livello internazionale. Nonostante i mutamenti globali, l’Italia rimane un importante protagonista di questo settore che riveste un ruolo di rilievo, con un fatturato di 63,5 miliardi di euro nel 2022, impiegando 300.000 addetti. Il nostro Paese, infatti, è al nono posto tra i maggiori produttori mondiali per numero di occupati, al quinto posto per valore della produzione e per quota di mercato nei prodotti di fascia alta.
IL PRIMATO ITALIANO NELLA PRODUZIONE BIO-BASED
L’Italia si posiziona al vertice della classifica dei produttori bio-based nella filiera tessile-abbigliamento, con una percentuale di produzione superiore al 46%, rispetto ai valori inferiori al 40% registrati dagli altri paesi europei. Inoltre, si colloca al quarto posto nella classifica mondiale degli esportatori di fibre, filati e tessuti bio-based. Questi risultati dimostrano l’importanza strategica del tessile-abbigliamento nella Bioeconomia italiana.
Tuttavia, la crescente attenzione dei consumatori verso i temi ambientali e di sostenibilità costituirà una sfida importante per le imprese del settore che dovranno affrontare questa tematica in modo proattivo. L’indagine Tagliacarne, Unioncamere, Cluster Spring conferma l’importanza della sostenibilità ambientale nella filiera del tessile-abbigliamento, poiché oltre il 40% dei partecipanti ha dichiarato di voler ampliare le produzioni bio-based nei prossimi 3 anni.
Tuttavia, queste aziende sono quelle che incontrano più difficoltà nell’utilizzo di materie prime bio-based. I costi elevati rappresentano l’ostacolo principale, seguiti dalla difficoltà di approvvigionamento e dai problemi regolamentari e burocratici.
UN FUTURO SOSTENIBILE E CIRCOLARE PER LA PRODUZIONE DI TESSUTI
Per garantire la sostenibilità della filiera e la chiusura del cerchio, è necessario incentivare e sviluppare pratiche circolari per ridurre e limitare la produzione di rifiuti tessili nella fase pre-consumo e post-consumo.
Dal 2022 in Italia è obbligatoria la raccolta differenziata per i rifiuti tessili post-consumo, anticipando la tempistica prevista a livello europeo. Nel 2021, il 72% dei comuni italiani ha intercettato quote di questi rifiuti in forma differenziata, tuttavia i rifiuti tessili che finiscono nell’indifferenziato sono molto superiori.
Con l’introduzione dell’obbligo di raccolta differenziata, diventa ancora più importante la capacità di recuperare materia in una logica fiber-to-fiber. La Strategia europea per prodotti tessili sostenibili e circolari mira a creare un quadro per la transizione del settore tessile, prevedendo che entro il 2030 i prodotti immessi sul mercato siano caratterizzati da una maggiore qualità e consentano il riutilizzo.
LE DICHIARAZIONI
Gregorio De Felice, Chief Economist and Head of Research di Intesa Sanpaolo
“La Bioeconomia rappresenta un’importante risposta per promuovere modelli produttivi che preservino le risorse del pianeta. La ricerca e lo sviluppo di soluzioni bio-based costituisce una leva strategica di successo anche per le
imprese dei settori tradizionali del Made in Italy, come il tessile-abbigliamento.Questa filiera, come emerge dalle nostre analisi, mostra infatti una crescente attenzione alle tematiche ambientali, che coinvolgono tutta la catena del valore, dall’utilizzo di input biologici, fino alla valorizzazione e al riuso degli scarti.
La filiera del tessile presenta infatti un alto potenziale di circolarità che all’oggi risulta solo in parte sfruttato. È dunque opportuno che le best practice già in parte adottate si diffondano ulteriormente, sia fra le aziende sia fra i consumatori. In prospettiva l’attenzione a questi temi diventerà imprescindibile come leva strategica per il nostro tessuto produttivo”.
Catia Bastioli, presidente del Cluster SPRING
“La Bioeconomia circolare è un aggregato complesso che comprende l’agricoltura, la silvicoltura, il sistema moda, i bio-prodotti, il legno, la carta, fino ai rifiuti organici, alla bio-energia e alla chimica bio-based.
Si conferma un meta-settore rilevante per la nostra economia che potrà avere prospettive di rigenerazione ambientale e sociale ben più rilevanti, qualora saremo in grado di riconoscere il suo valore all’interno della legislazione europea sulla transizione ecologica e del PNRR.
Fondamentale sarà promuovere l’interconnessione di quelle filiere che hanno già dimostrato di essere in grado di disaccoppiare sviluppo e uso delle risorse, integrando economia ed ecologia in una strategia industriale saggia e sistemica con le radici nei territori, che comprenda spazi anche per l’innovazione partecipata”.
Elena Sgaravatti, Vice Presidente Assobiotec Federchimica
“Le produzioni bio-based sono una soluzione su cui puntare per un futuro migliore. SDGs, Green New Deal, PNRR ci indicano in modo chiaro la strada da seguire.
Lo sviluppo sostenibile è il traguardo a cui tutti dobbiamo tendere. Per raggiungere questa meta le biotecnologie possono dare un contributo cruciale perché offrono sia strumenti sia prodotti che sanno conciliare crescita economica e rispetto dell’ambiente. Sono motore di innovazione di un meta settore, quello della Bioeconomia circolare, che ancora una volta i dati confermano avere un impatto significativo sull’economia nazionale e che sempre più caratterizzerà i mercati globali”.