Dal 19 Novembre a Roma e nel Lazio i tamponi antigenici rapidi arrivano anche in farmacia.
Tutte le farmacie di Roma e del Lazio aderenti al servizio potranno eseguire gli ormai noti tamponi rapidi e i test sierologici. I costi del servizio saranno a carico dei pazienti e saranno calmierati – come già avvenuto per i laboratori privati – che già svolgono tali attività: i rapidi costeranno 22 euro, i sierologici 20.
ITER E PRASSI
Tutte le farmacie che faranno domanda, potranno effettuare i test nei loro locali, pertanto la base di adesione al progetto è volontaria, e nel rispetto dei protocolli di sicurezza. La Regione Lazio fornirà, alle farmacie in questione, un breve manuale operativo e un link per la registrazione dei flussi. In questo modo a tampone eseguito potranno comunicare il risultato direttamente alla Regione.
Nei casi di positività dovrà essere attivato un protocollo di sicurezza e procedere con l’avviso al medico di base per prescrivere ed eseguire il tampone molecolare di verifica. Quest’ultimo effettuabile nei drive in regionali o nelle strutture private recentemente autorizzate.
“Il farmacista potrà inoltre rilasciare una ricevuta di positività o di negatività al cittadino. Le farmacie avranno dunque un ruolo fondamentale nella prevenzione e nella segnalazione dei positivi asintomatici. Si tratta di un passo avanti fondamentale per limitare il più possibile la diffusione del Covid, soprattutto in previsione del termine del lockdown e del riavvio di tutte le attività. Un sentito grazie al Governatore Zingaretti, all’Assessore alla sanità D’Amato e al loro staff che, ancora una volta, hanno creduto nell’importanza della rete territoriale e sociale delle farmacie”.
Andrea Cicconetti – Presidente Federfarma Roma
IN BILICO TRA SOLUZIONE E PROBLEMA
Con i tamponi che arrivano in farmacia, si intuisce, come già si intuiva nell’apertura delle pratiche diagnostiche legate al Covid-19 alle strutture private, la necessità di sostenere la Sanità pubblica con il contributo delle altre realtà dedicate alla salute. Tuttavia, se i laboratori privati hanno potuto adoperarsi per una corretta gestione dei potenziali rischi e della sicurezza, per le farmacie la questione appare molto più delicata.
Abbiamo, ad esempio, avuto occasione di effettuare il tampone rapido presso i laboratori dell’Altamedica Healtcare Center di Roma, dove i protocolli sono volti alla massima sicurezza possibile, a cominciare dalla differenziazione negli orari di accesso: la giornata lavorativa del centro per il pubblico “normale” finisce alle 18:00 e fino alle 23:00 prosegue in forma riservata alle operazioni relative ai tamponi.
Anche un accorgimento così “semplice”, che in una struttura deputata alla diagnosi e alla cura, può essere agevolmente realizzato, in una farmacia non sembra altrettanto praticabile.
RISCHI REALI E POTENZIALI
Ovviamente ci auguriamo che i farmacisti vengano dotati di tutti i dispositivi di sicurezza adeguati e necessari, ma nonostante questa premessa, l’operazione sembra comunque altamente pericolosa e speriamo che tutti i rischi potenziali siano stati correttamente valutati, pur dubitando che alcuni di essi possano trovare, ad esempio, adeguata copertura assicurativa.
Senza discutere sulla capacità dei farmacisti di effettuare correttamente i tamponi, cosa comunque non scontata, non possiamo non immaginare scenari in cui il rischio di contagio per gli operatori e per gli avventori abituali delle farmacie, sia elevatissimo.
Quindi proviamo ad immaginare qualche situazione reale: per esempio in caso di contagio cosa potrebbe accadere? Potrebbe essere prevista la chiusura dell’esercizio contaminato o potrebbero ammalarsi tutti gli addetti e quindi chiudere comunque l’attività de facto. La gestione di queste per ora ipotetiche chiusure, per temporanee che siano, può non essere preoccupante per una grande città, ma quali ripercussioni potrebbero aversi in un piccolo centro?
In questo clima pandemico, con i presidi Sanitari nazionali in affanno ogni coinvolgimento di strutture esterne al “pubblico” finisce sempre col sembrare una “chiamata alle armi”, speriamo che il risultato di questi “arruolamenti” non si rivolti contro la popolazione che ogni giorno combatte con i propri acciacchi e malanni, che nella maggior parte dei casi non hanno nulla a che spartire con il Covid-19.