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Lavoro

L’USO DEI ROBOT E L’IMPATTO SULL’OCCUPAZIONE. LO STUDIO

L’introduzione dei robot in diversi settori ha avviato numerosi dibattiti incentrati principalmente sull’analisi dell’impatto che l’automatizzazione dei processi potrebbe avere sull’occupazione. La domanda che molti si fanno è: i robot ci ruberanno posti di lavoro?

A questo quesito ha dato una risposta lo studio “Stop worrying and love the robot: An activity-based approach to assess the impact of robotization on employment dynamics” condotto dai ricercatori dell’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche (INAPP), dell’Università di Trento e dell’Istituto di Statistica della Provincia di Trento (ISPAT).

I ROBOT COME OPPORTUNITÀ

“Questa indagine è molto significativa perché dimostra che non bisogna avere paura dei robot, che possono costituire più un’opportunità che uno svantaggio per il mondo del lavoro. D’altra parte la tecnologia pervade già ogni ambito professionale con esiti diversi a seconda delle situazioni, dalla medicina all’agricoltura, dalla meccanica al settore assicurativo”.

Prof. Sebastiano Fadda, presidente dell’INAPP

Lo studio prende in esame il periodo dal 2011 al 2018. In questo lasso di tempo si evidenzia che, nelle categorie occupazionali potenzialmente a rischio, la robotizzazione non ha generato di fatto impatti negativi. Anzi, in poco meno di 10 anni, c’è stato un incremento della richiesta di posti di lavoro del 50%. L’introduzione dei robot ha, infatti, portato alla richiesta di tutte quelle figure professionali che si occupano della programmazione, dell’installazione e della manutenzione degli stessi.

IL “REINSTATEMENT EFFECT”

L’aumento del 50% dei lavoratori è strettamente collegato al rapporto tra utilizzo di automi e ricaduta occupazionale. Lo studio evidenzia che: un aumento dell’1% nell’adozione di robot porta a un incremento di 0,29 punti percentuali nella quota locale di operatori di robot.
Infatti, le imprese che investono maggiormente in automazione dei processi hanno un aumento del numero di lavoratori a questa collegati. Questo fenomeno è conosciuto con il nome di “reinstatement effect”.

L’IMPATTO SUI LAVORI “FISICI”

Lo studio mette in luce che l’impatto maggiore dell’introduzione di robot è stato registrato su quei lavori che richiedono maggiori sforzi fisici. Quasi irrilevante, invece, su quelli a carattere routinario.

L’automazione dei processi ha ridotto, in misura statisticamente significativa, il “peso relativo delle occupazioni che prevedono un intenso impegno del busto e, in particolare, dei muscoli addominali e lombari”. Questo ha favorito una crescita “della quota di professioni associate al controllo e all’utilizzo di macchinari e, in generale, complementari ai processi di automazione“.

Un rapporto, quello tra robotizzazione e lavoro, con una natura complessa. Se da un lato è innegabile che le macchine per alcuni impieghi sostituiranno di fatto l’uomo, è anche vero che, ogni occupazione, è costituita da molte attività e solo poche di esse possono essere svolte dai robot senza il nostro ausilio.

FONDAMENTALE AVVIARE IL PROCESSO DI RESKILLING

Il professor Fadda ha sottolineato come “i ‘robot’ già ora rendono il lavoro più efficiente e al tempo stesso esonerano le persone da compiti ripetitivi, poco qualificanti e usuranti, permettendo loro di occuparsi di mansioni più gratificanti (e produttive)“.

Occorre però riqualificare, con un profondo reskilling, tutte quelle occupazioni che prevedono l’utilizzo dell’automazione e dell’intelligenza artificiale. Bisogna evitare, spiega Fadda, “un nuovo conflitto tra robot e lavoratori” impegnandosi ad elaborare strategie appropriate “affinché la riduzione dei coefficienti tecnici di produzione legata alle nuove tecnologie non dia luogo al fenomeno della ‘disoccupazione tecnologica’“.

La robotizzazione è uno dei numerosi global driver che, influendo su imprese, lavoratori e territori, contribuisce a modificare il tessuto socio-economico italiano. L’analisi empirica di questi fenomeni globali è un elemento imprescindibile per individuare soluzioni di policy efficaci e per procedere con il reskilling, ancora più urgente in considerazione dei cambiamenti indotti dalla pandemia”.

Prof. Stefano Schiavo, Direttore della Scuola di Studi Internazionali dell’Università di Trento
L’IMPATTO SUL SETTORE ASSICURATIVO

L’utilizzo di nuove tecnologie sta cambiando e cambierà sempre di più anche il settore assicurativo. Se da un lato molti processi saranno più “agili” grazie anche all’ausilio dell’intelligenza artificiale, altrettanto vero è che si andranno a creare fattori di rischio sempre nuovi e complessi. Cambiamenti di scenario, adozione di nuove tecnologie, nuove normative e modelli di business rappresentano una grande opportunità di crescita e di sviluppo. Per questo, per affrontare in serenità tutte le sfide che si affacceranno nel futuro, le aziende dovrebbero farsi affiancare da un team di professionisti che possano analizzare e creare un piano assicurativo mirato ed in linea con il proprio business.

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