Sembra che l’ascensore sia stato inventato da un intraprendente imprenditore ebreo
(l’aggettivo “intraprendente” mi risulta pleonastico; conoscete infatti un imprenditore ebreo che non lo sia?!)
Il signor Otis – questo è il nome dell’imprenditore – aveva concepito e registrato la sua invenzione ricevendo un interesse molto tiepido. Sembra quindi che Otis avesse deciso di costruire il primo grattacielo di New York – alto 22 piani – proprio allo scopo di esibire la “sua creatura”. Il palazzo esiste ancora; è quello che tutti conosciamo con il nome di Iron Flat. Con la sua prua acuta la costruzione sembra proprio un ferro da stiro. Le cronache riferiscono che tutti andarono a visitare il fabbricato compreso lo strano strumento ascensionale. Il primo effetto fu per l’imprenditore estremamente negativo. Fu travolto da un sarcasmo collettivo che non prevedeva alcun futuro per la sua invenzione.
Noi sappiamo che il pronostico non poteva risultare più errato. In pochi anni l’ascensore si impose come un bene irrinunciabile in ogni costruzione nuova o vecchia che fosse.
L’ASCENSORE “SOCIALE”
Oggi l’ascensore fa parte del nostro quotidiano così come ne è parte quello che ormai viene comunemente chiamato “ascensore sociale”; un termine che vuole rappresentare la conquistata permeabilità tra le classi sociali.
Allora mi è venuto da chiedermi se effettivamente questo ascensore sociale continui a funzionare al pari di quello meccanico; se questo processo osmotico tra le classi sociali si sia consolidato nel tempo ovvero se si sia inceppato? La risposta mi arriva dalla lettura di un report recentemente pubblicato dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche, l’INAPP.
I DATI
Quanto emerge è sconfortante: mentre quasi la totalità dei ragazzi con genitori laureati accede all’Università, la quota che scende sotto il 50% per i figli di genitori che hanno frequentato soltanto la scuola dell’obbligo. I ragazzi con genitori laureati hanno il 75% delle probabilità di laurearsi mentre quelli con genitori che si sono limitati alla scuola dell’obbligo hanno soltanto il 12% di chance per conseguire una laurea.
E’ chiaro quindi che il “bottone dell’ascensore” non sta funzionando; infatti il livello culturale – che nel tempo si muta in quello professionale – costituisce il vero propulsore dell’accesso delle giovani generazioni alle classi sociali più elevate.
Le riforme attuate sulla Scuola non hanno modificato la situazione in quanto non hanno inciso sulle vere radici del problema che sono in primo luogo di ordine economico e soltanto dopo socio/culturali.
QUALCHE PERCHÉ
La stragrande maggioranza delle famiglie non avvia all’istruzione universitaria i propri giovani non soltanto per una carenza di disponibilità economiche che consenta loro di finanziarne gli studi. Certamente questa è la prima evidente motivazione; ne esiste un’altra:
le famiglie hanno necessità di avviare al lavoro il più rapidamente possibile i propri ragazzi perché hanno bisogno del loro salario per sopravvivere decorosamente.
Non è casuale il fatto che le classi meno agiate scelgano le scuole professionali e che soltanto l’1,8% di questi diplomati consegue successivamente una laurea.
I ben pensanti quindi non possono rammaricarsi per la scarsa sensibilità di certi genitori verso l’istruzione dei propri figli; non possono stigmatizzare il fatto che essi non considerino l’istruzione una esigenza primaria.
SOPRAVVIVENZA COLLETTIVA
Uno Stato illuminato avrebbe l’obbligo di intervenire per una incisiva inversione di rotta. Non si tratta di una questione di “welfare” ed ancor meno soltanto di equità sociale. Si tratta di una questione di sopravvivenza collettiva. Il livello culturale di una nazione determina prima o poi il grado di benessere dei suoi cittadini generando un clima di serena pace sociale.
Quando parliamo di “ascensore sociale” non intendiamo riferirci ad un fenomeno per il quale “c’è chi scende e c’è chi sale”. Il nostro sogno è quello di vedere tutti – quanto meno moltissimi – salire all’attico della scala sociale ed economica.
Per altro questi nuovi affluenti – di norma dotati di una energia famelica come quella dei nostri padri del dopoguerra – possono endemicamente trasmettere la loro determinazione per il conseguimento di una nuova classe dirigente capace di governare in modo diverso e migliore il nostro stanco Paese.
CULTURA VERSO LA CULTURA
Si tratta di una questione centrale che riguarda la salute del Paese. Lo Stato dovrebbe stimolare la sensibilità e sviluppare la “cultura verso la cultura” (scusate il bisticcio) mallevando seriamente le classi più disagiate dalle questioni economiche che impediscono ai giovani, mi riferisco a quelli meritevoli, di accedere all’istruzione universitaria. Sto pensando ad una sorta di “reddito universitario” che va ben oltre la mera Borsa di studio. Lo studente meritevole dovrebbe essere retribuito, oltre che sostenuto; nell’interesse futuro della collettività anche per la quale sta impegnadosi.
Ma sembra che i nostri governanti intendano occuparsi soltanto di questioni di breve termine e non di quelle il cui risultato si potrà vedere soltanto in un troppo lontano, per loro, futuro. Come non giustificarli? D’altra parte, il consenso che i nostri governanti ricevono arriva dagli elettori di oggi e non da quelli futuri che voteranno tra 20/30 anni!
Ma qui sta, potrei dire, la differenza tra un Politicante ed uno Statista, quello che possiede il senso del suo Ruolo e l’amore verso il suo Paese.