GLI ASPETTI PECULIARI
Nell’area delle professioni sanitarie quella della Psichiatria occupa una particolare posizione. Probabilmente nessuna disciplina come quella psichiatrica lega la sua storia alla evoluzione sociale ed in particolare alla visione che nel tempo è stato riservata al malato psichiatrico nel contesto della società. Due obbiettivi, infatti, hanno sempre rappresentato le linee guida del sanitario: la cura del paziente e la tutela della società. Peraltro, in un sufficientemente lungo periodo, la tutela della società dal “pericolo del malato di mente” ha sopravanzato la missione della cura del paziente. Questo aspetto fa comprendere uno dei motivi della tipicità della responsabilità professionale dello psichiatra.
Altro aspetto peculiare della responsabilità psichiatrica sta nel fatto che ogni caso costituisce un caso unico ed originale. Ne consegue che in psichiatria il metodo statistico/probabilistico per la individuazione della responsabilità è difficilmente applicabile. Essa deve essere invece ricercata tramite l’analisi critica del fatto concreto. Per altro la imprevedibilità dei comportamenti del paziente e l’incertezza verso il suo effettivo atteggiamento collaborativo costituiscono elementi di ulteriore difficoltà del processo terapeutico.
LEGGE BASAGLIA
La legge 180 del 1978 (la c.d. legge Basaglia), trasformando il paziente da “soggetto pericoloso per la società” a mero “soggetto di cura” con il quale intraprendere un percorso terapeutico non differente da quello delle altre discipline mediche, appare non aver modificato nella sostanza il ruolo storico e quindi l’ampiezza della responsabilità dello psichiatra, sempre dibattuto tra azione terapeutica ed attenzione cautelativa. Ad esempio, relativamente ai liberi professionisti, è stata invocata la loro responsabilità nel caso suicidario a seguito della scelta di temporanee soluzioni alternative – per esempio l’affidamento del paziente ai parenti – spesso per la indisponibilità di immediata accoglienza nelle Strutture Territoriali Residenziali. Tutto ciò in circostanze nelle quali la situazione del soggetto rendeva imprevedibile la reazione di tal tipo e severità. Riguardo poi la responsabilità degli operatori sanitari presso queste strutture territoriali, sembra che nella pratica ad essi siano stati attribuiti ruoli non soltanto terapeutici ma anche di pubblica sicurezza, una volta attribuiti ad altre figure.
La responsabilità psichiatrica può riguardare casi di errore nella fase diagnostica con ricadute negative nella fase terapeutica come casi di erronea decisione nelle scelte cautelari in relazione ad atti lesivi della integrità fisica commessi dal paziente contro terzi o contro sé stesso. Per altro la impunibilità sia penale che civile prevista in caso di obbedienza alle linee guida – sia pur limitata alla imperizia – è evidentemente applicabile anche alla psichiatria.
RESPONSABILITÀ PSICHIATRICA
Dal punto di vista assicurativo la responsabilità psichiatrica è considerata di modesta intensità. La frequenza dei danni (il rapporto tra il numero dei sinistri ed il numero di polizze) è bassa; l’esito delle richieste di risarcimento è spesso favorevole per l’assicuratore e quindi per il professionista. Il danno può essere comunque catalogato come “perdita di chance”, cioè come la perdita ovvero la riduzione della possibilità di conseguire una guarigione ovvero un miglioramento da uno stato di malattia. Le tipologie prevalenti di richiesta/danno riguardano la contestazione circa l’erroneità o inefficacia della Terapia. La difesa, a seconda dei casi, può basarsi sulla eccezione circa la troppa affrettata richiesta a fronte di un percorso di cura che richiede tempi lunghi ovvero dal fatto che le Linee Guida sono state rispettate. In molti casi l’eccezione difensiva si fonda sul fatto che il mancato successo della terapia non può essere imputato al sanitario in quanto questo risponde limitatamente alla messa a disposizione di mezzi e non per la mancata guarigione del paziente.
IMPEDIRE ATTI LESIVI
I casi di maggiore severità riguardano, come sopra accennato, quelli di errore nella azione di cautela finalizzata ad impedire atti lesivi da parte del paziente. Il caso classico è quello suicidario, per il quale il giudizio di responsabilità – ancora una volta – deve essere assunto tramite l’esame del fatto specifico.
L’AUTODETERMINAZIONE
In via generale, le correnti di pensiero favorevoli allo psichiatra si fondano sulla considerazione che il diritto alla salute trova un limite su altro diritto fondamentale, quello della autodeterminazione del cittadino, sempre che non ci si trovi nell’area del Trattamento sanitario obbligatorio. Per altro, si aggiunge, il suicidio del paziente è per sua natura imprevedibile proprio come esprime la sua imprevedibilità ogni atto del medesimo.
Al contrario altri affermano che è imputabile al sanitario scelte indifferenti alla necessità di porre in atto la necessaria vigilanza in situazioni che obbiettivamente lo richiedevano. In altre parole, si ribadisce che l’assenza dei presupposti per l’applicazione del Trattamento Obbligatorio non esime il sanitario dal mantenere la adeguata attenzione alla situazione del paziente.
E questo ci riporta al principio fondamentale della individuazione della responsabilità dello psichiatra, fondato essenzialmente sull’analisi del fatto concreto.