A margine del rilascio dei primi dati del 7° Censimento generale dell’Agricoltura dell’Istat – i risultati definitivi verranno diffusi nella primavera del 2022 e che a partire da quest’anno la rilevazione censuaria passerà da decennale a permanente -, Franco Verrascina, presidente della Copagri, sottolinea come l’agricoltura nel nostro Paese è un settore estremamente resiliente. Grazie al lavoro e al senso di responsabilità delle migliaia di addetti il comparto ha retto bene alle innumerevoli difficoltà che ne hanno frenato lo sviluppo negli ultimi anni e non va dimenticato la drammatica pandemia di Coronavirus di cui ancora oggi si continuano a sentire gli effetti.
E prosegue:
“Siamo orgogliosi di aver contribuito, grazie alla presenza capillare e al grande lavoro del CAA-CAF AGRI, il Centro Autorizzato di Assistenza Agricola della Copagri, alla riuscita di un’indagine di fondamentale importanza che, coinvolgendo oltre 1,7 milioni di aziende, ci ha permesso di avere una lettura approfondita della struttura del settore agricolo e zootecnico, sia dal punto di vista tematico che per quanto riguarda la localizzazione territoriale delle diverse attività produttive, elemento decisivo per comprenderne le dinamiche di sviluppo e per delineare le basi delle future politiche agricole del Paese”.
Inoltre, aggiunge il presidente Verrascina, “la fotografia che emerge dal Censimento è quella di un’agricoltura sempre più giovane e dinamica, con tantissime imprese a conduzione femminile e con una crescente attenzione agli sviluppi della ricerca e alle sue applicazioni, ma anche alla digitalizzazione, tanto che in dieci anni è quadruplicata l’informatizzazione delle aziende agricole, e all’innovazione, con un’azienda agricola su dieci che ha effettuato almeno un investimento in tale ambito; un comparto che ha saputo reggere l’urto causato dalle diverse crisi che ha attraversato e che è riuscito a farlo aggregandosi e adattandosi ai cambiamenti, differenziando l’offerta e abbracciando convintamente la multifunzionalità, che è la vera e propria chiave di volta della sostenibilità economia del Primario: lo dimostra la grande crescita degli agriturismi, delle fattorie didattiche, dell’agricoltura sociale e di tutte le attività connesse”.
“I dati mostrano che il primario, nonostante il sensibile calo in tutte le regioni, e soprattutto al Centro-sud, del numero di aziende, più che dimezzatosi nell’ultimo ventennio (-63,8%), e la flessione di minore entità della Superficie Agricola Utilizzata-SAU (-20,8%) e della Superficie Agricola Totale-SAT (-26,4%), ha saputo dare un contributo imprescindibile per assicurare la stabilità socio-economica del Paese e ha tutte le carte in regole per continuare a giocare un ruolo da protagonista per il rilancio dell’Italia”.
E conclude sottolineando che “quello della sostenibilità economica resta il primo dei grandi nodi da sciogliere per garantire il futuro di un comparto che non a caso viene definito ‘Primario’”.
MENO AZIENDE AGRICOLE
MA PIÚ GRANDI
Dai primi risultati del 7° Censimento generale dell’agricoltura – svolto tra gennaio e luglio 2021, con riferimento all’annata agraria 2019-2020 – è emerso che sono scomparse quasi due aziende agricole su tre negli ultimi 38 anni anche se la dimensione media delle aziende è più che raddoppiata:
- Superfici agricole utilizzate (SAU): da 5,1 a 11,1 ettari medi per azienda,
- Superfici agricole totali (SAT): da 7,1 a 14,5 ettari medi per azienda.
Rimane, anche se in leggera diminuzione rispetto agli ultimi 10 anni, la predominanza di aziende agricole gestite nella forma di azienda individuale o familiare: nel 2010 la quota registrata è del 96,1% mentre nel 2020 si attesta al 93,5%.
Inoltre, nell’ultimo decennio, sono diminuite le aziende agricole che coltivano terreni esclusivamente di proprietà mentre si è registrata una crescita tutte le altre forme di titolo di possesso: terreni in affitto (da 4,7% a 10,1% del totale); combinazione tra proprietà e affitto (da 9,8% del 2010 a 12,5% del 2020); uso gratuito (da 3,8% a 6%) e la combinazione tra proprietà e uso gratuito (da 5,6% a 8,7%).
“Nel complesso, emerge un quadro evolutivo caratterizzato sia dall’inevitabile e progressivo processo di uscita dal mercato delle aziende non più in grado di sostenere la propria attività – prevalentemente di piccole dimensioni e a gestione familiare – sia dalla crescente divaricazione tra proprietà e gestione dei terreni a uso agricolo, con la forte espansione di forme di gestione alternative, derivanti dalle crescenti incertezze in merito alla sostenibilità futura dell’attività agricola”.
7°Censimento generale dell’agricoltura: primi risultati
CRESCONO LE IMPRESE FEMMINILI
E LE ATTIVITÀ CONNESSE
Il Censimento 2020, pur confermando la predominanza della manodopera familiare rispetto a quella non familiare, evidenzia più marcatamente rispetto al passato l’evoluzione dell’agricoltura italiana verso forme gestionali maggiormente strutturate, che si avvalgono anche di manodopera salariata. Questo fenomeno è una conseguenza di quanto già osservato riguardo l’evoluzione delle forme giuridiche delle aziende agricole.
Nonostante nel 98,3% delle aziende agricole la manodopera resta familiare, è aumentata notevolmente l’incidenza dalla manodopera non familiare. Invece, per quel che riguarda la presenza femminile nelle aziende agricole, nonostante una diminuzione della loro presenza tra la manodopera, cresce la partecipazione delle donne nel ruolo manageriale.
Nel 2020 le donne sono il 30% circa del totale delle persone occupate contro il 36,8% del 2010. Si è consolidata, invece, la partecipazione delle donne nel ruolo manageriale, fenomeno rilevato anche da altre indagini nel corso del decennio. I capi azienda sono donne nel 31,5% dei casi (30,7% nel 2010).
Resta invece ancora limitato il peso dei giovani tra i capi azienda:
La figura del capo azienda coincide spesso con quella del conduttore, cioè il responsabile giuridico ed economico dell’azienda. Ciò si verifica soprattutto nelle aziende familiari che, come già osservato, sono le più rappresentative dell’agricoltura italiana.
Per questo motivo è ancora limitata la presenza di capi azienda nelle fasce di età più giovanili: nel 2020, i capi azienda fino a 44 anni sono il 13%, dal 17,6% del 2010″.
Offerta sempre più diversificata
A crescere nel 2020, nonostante il periodo pandemico, è il numero delle aziende che hanno diversificato l’offerta, dedicandosi ad altre attività remunerative, connesse a quelle agricole.
Tra le attività connesse, le più diffuse sono l’agriturismo, praticato dal 37,8% delle aziende con attività connesse; le attività agricole e non agricole per conto terzi, che interessano il 18,0%, e la produzione di energia rinnovabile (16,8%). Mentre agriturismo e produzione di energia rinnovabile evidenziano una decisa dinamica di crescita rispetto al decennio scorso (+16% per il primo e +198% per le seconde), le attività di contoterzismo attivo hanno subito un decremento di quasi il 49%, presumibilmente imputabile all’effetto delle misure di limitazione degli spostamenti adottate per il contenimento dell’epidemia”.
AGRICOLTURA E DIGITALIZZAZIONE
Nel decennio 2010-2020 la digitalizzazione delle aziende agricole ha subito un forte incremento contribuendo anche a ridurre il gap Nord-Sud: “il numero di aziende agricole digitalizzate è quasi triplicato in media (+193,7%) e quadruplicato in Calabria e Sardegna. La crescita della diffusione di attrezzature informatiche e digitali nelle aziende agricole è stata molto più intensa al Sud (+247,0%), nelle Isole (+241,9%) e nel Nord-est (+205,5%), mentre nelle altre ripartizioni geografiche si è mantenuta sotto la media nazionale“.
Per le aziende che svolgono anche altre attività remunerative connesse a quelle agricole, l’incidenza della digitalizzazione è pari al 61,7%: tra queste, le più informatizzate sono le unità agricole che svolgono attività di agriturismo (69,3%), agricoltura sociale (71,5%) e fattoria didattica (76,6%).
Dal punto di vista dell’utilizzo prevalente dei terreni agricoli, sono le aziende che coltivano prati permanenti e pascoli a essere più informatizzate, con un’incidenza del 22,4%, seguite da quelle con seminativi (17,8%) e con coltivazioni legnose agrarie (12,3%). Le aziende agricole che coltivano prevalentemente orti familiari sono chiaramente quelle in cui la digitalizzazione è meno diffusa (9,8%).
Inoltre, emerge una stretta connessione tra informatizzazione e associazionismo: due aziende informatizzate su tre fanno parte di organizzazioni di produttori, reti di imprese o sono associate ad altre organizzazioni (64,8%).
“L’agricoltura italiana nell’ultimo decennio ha recepito forti spinte innovative. La necessità di riorganizzare le filiere produttive per accrescere la produttività e mantenere le quote di mercato, l’introduzione di tecnologie sempre più avanzate per la gestione della produzione, la necessità di contenere l’impatto sull’ambiente sono alcuni dei fattori che hanno spinto le aziende italiane verso nuove frontiere, favorendo il processo di concentrazione imprenditoriale.
Numerosi i casi di riorganizzazioni interne (fusioni, scorpori), avviate per migliorare l’efficienza aziendale e accrescere la produttività.Alla riorganizzazione produttiva si sono associati il ricambio generazionale e una tendenza del genere femminile ad assumere posizioni di leadership in azienda piuttosto che a contribuire nella forma di forza di lavoro generica, come in passato.
Tutti elementi che configurano l’agricoltura italiana come un settore sempre meno “residuale” e sempre più orientato a un modello di gestione integrato, in cui l’azienda è il primo anello della catena produttiva che porta il prodotto fino al consumatore finale”.
Roberto Gismondi, responsabile del servizio statistiche e rilevazioni sull’agricoltura dell’Istat
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