Direttamente o indirettamente, dietro di loro, c’è sempre l’uomo,.
Fino a qualche tempo fa ritenevamo che certi episodi naturali – che colpivano altri paesi lontani e arrivavano durante l’ora di cena nelle nostre case tramite i telegiornali – non ci riguardassero e non ci avrebbero mai riguardato. Più che allarmarci, per una sorta di immedesimazione con le popolazioni ferite, ci colpivano per la loro spettacolarità. Per anni ci siamo sentiti estranei agli uragani degli Stati Uniti, alle siccità assassine degli Stati africani. Il nostro sentimento era che noi italiani, anzi europei, vivevamo in un enclave fortunato come se la nostra storia e cultura millenaria avesse maturato uno scudo insuperabile anche alle aggressioni naturali.
Intanto noi non stavamo percependo che la frequenza di questi eventi catastrofali stava aumentando esponenzialmente, di oltre 20 volte nell’ultimo ventennio in confronto a quello precedente.
LA NATURA CATTIVA
Gli episodi catastrofici che comunque anche da noi si verificavano periodicamente erano attribuiti, più che alla “Malvagità della Natura”, alla nostra colpevolmente miope gestione del territorio che aveva perseverato nello sfidare proprio quella Natura, costruendo negli alvei dei fiumi e dei torrenti, disboscando selvaggiamente, modificando il profilo dei corsi d’acqua e delle aree, adottando tecniche costruttive inadeguate. Insomma, accadeva che ogni tanto la Natura si risvegliasse, si innervosisse e quindi si riprendesse quello che era suo ristabilendo una situazione che l’uomo aveva imprudentemente cercato di modificare a suo illusorio vantaggio.
Si trattava, e purtroppo ancora si tratta, di eventi naturali che potevamo catalogare nella normalità ed invece causavano danni e lutti proprio a causa della irresponsabile inavvedutezza dell’uomo. Cosa c’è infatti di più naturale di un torrente che si gonfia, esonda e invade i campi limitrofi? Lo sapevamo tutti che questo poteva accadere e che quindi ne avremmo dovuto tener conto preventivamente.
In sintesi, le catastrofi naturali che ci colpivano dipendevano dalle nostre inadempienze locali nella gestione del territorio, nella non aver tenuto conto delle peculiarità e fragilità di quanto ci circondava.
CAMBIAMENTO GLOBALE
Oggi la situazione sembra nettamente trasformata. Non si tratta più questioni locali ma di un Cambiamento Globale della Natura stessa che appare essersi trasformata radicalmente manifestandosi in forme aggressive un tempo appartenenti ad aree della Terra desolate.
La siccità che ci ha colpito negli ultimi 12 mesi, dopo un primo periodo di comprensibile soddisfazione per il bel tempo che non ci abbandonava, non solo ha procurato fortissimi danni alle colture agricole ed alla industria idroelettrica, ma ha ben presto allarmato e reso consapevole ogni strato della popolazione circa il fatto che qualcosa di immodificabile nel breve periodo si stava verificando. In aggiunta i fatti recenti delle Marche hanno corroborato la sensazione che necessitiamo di adeguarci a nuovi e più elevati livelli di protezione dal rischio naturale.
AZIONI
In questa situazione le azioni di prevenzione e di buon governo locale del territorio continuano ad essere necessarie ma non sono ormai sufficienti. La questione riguarda il Globo intero e deve essere affrontata coralmente. Un Paese, virtuoso nella gestione del terreno, dell’acqua e dell’aria, non può incidere sul cambiamento climatico, neanche del suo territorio. Ma non tutti i Paesi mostrano le stesse sensibilità alla questione; specialmente quelli emergenti non stanno adottato alcun programma per la modifica delle Fonti Energetiche dichiarando polemicamente che “i paesi occidentali, che sono i veri responsabili della situazione e che si sono arricchiti con l’uso smodato delle energie fossili, non possono ora impedire ai paesi in sviluppo di crescere nello stesso modo”.
Comunque, anche se si conseguisse presto un’immediata alleanza mondiale per la adozione di regole comuni e programmi sinergici per superamento dello attuale stato di gravissimo rischio ecologico, la crisi non sarebbe superabile nel breve periodo. Ci si chiede quindi cosa si possa fare nel frattempo.
PREVENZIONE E ASSICURAZIONE
La risposta è quella di sempre: “Prevenzione ed Assicurazione”.
Una Prevenzione non burocratica ed ossessiva, fatta non di regole inattuabili, ma veramente condivise, sostenuta fiscalmente, consapevolmente e spontaneamente adottata dalla massima parte degli abitanti del globo.
E poi c’è la Assicurazione, che dovrebbe essere vissuta secondo la formula primordiale della Mutualità generale. E’ su questo tema che si è dibattuto recentemente in un convegno organizzato dall’ANIA dal titolo” Catastrofi e Siccità”.
Si è riflettuto sul fatto che l’Industria Privata delle Assicurazioni non può sostenere da sola il peso economico delle catastrofi naturali. In un paese come l’Italia, ove il bacino di utenza dell’assicurazione è ancora agli ultimi posti nella classifica dei paesi europei, lo strumento della mutualità volontaria non può costituire la soluzione del problema. In un paese, ove la propensione alla copertura assicurativa emerge soltanto ove più forte ed evidente è la esposizione al rischio – esempio: a fronte del 78% del territorio soggetto a rischio sismico soltanto il 5% delle case sono assicurate -, la risposta deve percorrere altre soluzioni.
INTERVENTO STATALE
Poiché le catastrofi naturali costituiscono ormai una Questione Sociale Permanente, la soluzione non può che avere una Connotazione Sociale per la quale, come è stato fatto per altri tipi di rischi, l’intervento dello Stato deve andare oltre le regole del puro liberismo. Non si può infatti pensare che l’Industria Assicurativa abbia la forza di sostenere economicamente il peso degli eventi catastrofali naturali, proprio in ragione della loro tipicità (la severità aggravata dal cumulo di danni in un unico territorio anche circoscritto).
Conseguentemente, la formula della partnership tra privati e pubblico, inaugurata con il Fondo Rischi Catastrofali in agricoltura -AGRICAT – dovrà essere adottata e migliorata disegnando una serie di livelli crescenti di copertura; il primo, di modeste dimensioni, a carico del cittadino (una sorta di franchigia); il secondo garantito da una polizza assicurativa per una somma più consistente in eccesso al primo livello; il terzo a carico di un Fondo Pubblico istituito a protezione dei danni di notevoli dimensioni in eccesso ai precedenti ed ai cumuli per territorio eventualmente previsti nel secondo livello.
OBBLIGATORIETÀ
Questo complesso articolato di garanzie ovviamente dovrebbe fondarsi su un principio essenziale: la obbligatorietà: intesa come obbligo di contrarre la polizza assicurativa a copertura degli eventi naturali catastrofali; intesa come obbligo di versare un contributo per alimentare il Fondo pubblico Calamità naturali.
Questa cooperazione tra pubblico e privati potrebbe esplicitarsi anche nella fase della liquidazione dei danni assegnando alle compagnie di assicurazione, concessionarie per territorio, tale compito. Così come è previsto per il Fondo di garanzia vittime della strada per la RCA Obbligatoria.
Qualcuno obbietterà: “ecco, un altro orpello che lo Stato ci impone!”. Possiamo replicare semplicemente: “in verità non si tratta di un’altra tassa ma semplicemente di una soluzione che attiva la solidarietà tramite la mutualità. D’altra parte, un bacino di assicurati tanto grande e numeroso, quanti sono i cittadini italiani, renderebbe lieve il contributo mutualistico di ciascuno di noi. In compenso vedremmo sempre meno alla TV le espressioni disperate dei nostri concittadini colpiti da disastri naturali. Sono certo che sarebbe per tutti noi più lieve ed accettato un modesto contributo per questa finalità, inserito nella bolletta della luce, piuttosto che quello che oggi ci viene imposto per il canone RAI!