Questa giornata mondiale dedicata ai diritti dei consumatori capita in un momento storico davvero critico. La pandemia aveva già determinato negli scorsi anni aumenti di costi e scarsità di prodotti derivanti a vario titolo da problemi principalmente di natura logistica (costi dei carburanti, limitazioni per arginamento pandemia, costi dei container, problemi legati al traffico marittimo e via discorrendo). Quando si stava cominciando a ritrovare un equilibrio tra aiuti statali e politiche di “ripresa” ecco che arriva la guerra a complicare tutto.
La vita dei consumatori si appresta a diventare più ardua di sempre, in balia di decisioni politiche che hanno ripercussioni infinite su tutti i prodotti, a partire dalle materie prime. Grano e Alluminio come gas e petrolio schizzano alle stelle. Tutti gli stati, l’Italia per prima, stanno pagando il prezzo del lato oscuro della globalizzazione, quell’interdipendenza economica che rende gli stati non autosufficienti. Questa interdipendenza, frutto di intese e accordi, in tempi di pace è un valore importante, che permette a tutti di dare il proprio contributo in base alle risorse e alle specializzazioni del proprio territorio. In tempi di guerra, invece, presente un conto assai salato che in prima battuta si abbate sulla gente comune.
Molte le soluzioni ipotizzate dai governi, soprattutto per risolvere i problemi legati all’energia, puntando ad ottenere il massimo livello di autonomia energetica possibile, senza la quale non ci sarà molto di cui parlare.
In principio eravamo solo consumatori succubi ed inconsapevoli, poi siamo divenuti consumatori consapevoli, informati e attivi, adesso siamo consumatori un po’ “consumati”.
Abbiamo raccolto la dichiarazione di Fabrizio Premuti, presidente di Konsumer Italia e la condividiamo con voi sperando che questo periodo buio finisca il prima possibile.
Tanto tuonò che poi piovve
Quasi 2 anni di pandemia hanno sicuramente lasciato un solco profondo nell’economia di uno dei paesi più fragili, economicamente parlando, d’Europa; il nostro.
A Novembre eravamo alle prese con i primi aumenti sostanziosi dell’energia, quindi non solo dell’elettricità e del gas ma anche dei carburanti; di conseguenza dei trasporti, di tutto. A novembre chiedevamo l’intervento del Governo affinchè quegli aumenti non diventassero strutturali. Abbiamo avuto i primi timidi interventi di contenimento, anche per non fermare subito quella che appariva la più grande ripresa economica e di produttività dal dopoguerra. Ma poi il 24 febbraio è accaduto quello che non avremmo mai pensato di dover vivere, un attacco della Russia all’Ucraina. Borse a picco e prezzo dell’energia impazzito e non solo dell’energia.
Per venti anni ci siamo crogiolati su prezzi bassi del gas russo, questa sovrabbondanza ci ha portati ad avere una dipendenza per il 40% dalla Russia per l’energia, ma non c’è solo l’energia, c’è il grano Ucraino, i fertilizzati Russi e bielorussi, l’olio di semi Ucraino e così via. Ora sicuramente il Governo ha varato aiuti per alleggerire le bollette ed il pieno di carburante. Ma come in tante altre occasioni ci troviamo davanti ad interventi tampone che non risolvono quello che davvero manca ed è mancato all’Italia; una seria politica energetica derivante da un piano strategico di approvvigionamento che tendenzialmente portasse il Paese all’autonomia.
Certo miopia di 30 anni di immobilismo politico troppo preso a delegittimarsi in sterili polemiche, forse troppo attratto dalla generosità di gazprom verso alcuni, da far ritenere inutile investire sulla propria autonomia. Ma una miopia che continua anche ora concedendo all’elettrificazione del parco veicoli incentivi miliardari al posto di investire in ricerca e sull’idrogeno. Ed ecco che i Consumatori sposano e fanno proprie le parole degli industriali, in particolare quelle del presidente di Anima confindustria. L’idrogeno è un obbiettivo possibile, ma serve investire con un piano che sia credibile e sostenuto in un tempo non brevissimo.
Sveglia politica, non condanniamo l’Italia ad essere costantemente sotto scacco oggi di uno domani di qualcun altro. Non strangoliamo i consumatori con aumenti destinati a protrarsi nel tempo. Dimostriamo per una volta di essere proiettati nel futuro e già questo basterebbe a far tornare i prezzi sotto il livello d’allarme di questi giorni. I Paesi fornitori possono temere solo questo, Paesi che evolvono nella capacità di essere autonomi nella sostenibilità.