Abbiamo esplorato gli effetti della pandemia per lungo e per largo e ancora ne scopriamo di nuovi.
Non bastano gli effetti psicologici, quelli legati alla trasformazione o all’annullamento della “socialità”, quelli dovuti al “trauma” del lockdown che ha segnato individui e famiglie probabilmente per sempre, nè bastano quelli legati più direttamente al virus vero e proprio.
Dopo oltre 2 anni di pandemia, infatti, gli italiani sono cresciuti di “peso” e “pigrizia”.
Sicuramente influiscono su entrambi gli effetti: quella che viene definita crisi dell’assistenza sanitaria e le cattive abitudini.
Nella prima troviamo, ad esempio, una drastica riduzione delle visite di controllo specialistiche dovuta soprattutto al timore di contrarre il virus negli ospedali o nei centri medici. Il gruppo delle cattive abitudini invece è più ampio. Vi troviamo , ad esempio, fenomeni come l’aumento di consumi a rischio di alcolici (+ 6,5 per gli uomini e +5,6 per le donne), il cambiamento delle “diete” quotidiane, l’aumento della sedentarietà e la diminuzione delle pratiche sportive, anch’esse disincentivate o chiuse per i rischi di contagio (palestre, piscine etc.).
RAPPORTO OSSERVASALUTE
Il quadro è stato tracciato dal XIX Rapporto Osservasalute 2021, curato dall’Osservatorio nazionale sulla salute nelle Regioni italiane (dell’Università Cattolica, presso il campus di Roma), e frutto del lavoro di 240 ricercatori in tutto il territorio nazionale, per capire come stanno popolo e sanità italiani, alla luce di oltre 2 anni di pandemia.
“L’emergenza Covid-19 ha avuto un impatto molto forte sulle strutture sanitarie. Il rischio del contagio, il rinvio delle attività chirurgiche programmate e di quelle ambulatoriali, la riorganizzazione delle strutture di assistenza e la riallocazione del personale, nonché l’assorbimento pressoché totale delle risorse territoriali nella lotta alla pandemia hanno determinato una riduzione della presa in carico e della continuità assistenziale per i pazienti con patologie acute e croniche, con conseguenze in termini di salute ancora poco conosciute e quantificabili, ma i cui effetti si paleseranno sulla società e sui servizi sanitari probabilmente nei prossimi anni”.
dal XIX Rapporto Osservasalute
QUALCHE NUMERO “DI PESO”
Ecco qualche numero: nel 2020 il 36,1% della popolazione adulta risulta in sovrappeso, più di uno su 10 è obeso (11,5%). Complessivamente, il 47,6% degli ‘over 18’ ha chili di troppo.
Nel periodo del primo lockdown, il 38,5% ha modificato le proprie abitudini alimentari, quota che scende al 21,5% durante la fase II (dicembre 2020-gennaio 2021). Tra i cambiamenti a tavola, il più frequente è l’aumento nelle quantità di cibo. Un quarto della popolazione ‘over 18’ riferisce di aver mangiato di più durante il primo lockdown (25%), con quote particolarmente elevate tra i più giovani (39,5% tra i ragazzi di età 18-24 anni). Nella fase II la percentuale si dimezza (12,5%) e le differenze nelle età si attutiscono, ma rimane più elevata la percentuale di giovani di età 18-24 anni (18,5%).
indagine condotta dall’Istat nel mese di aprile 2020 e nel periodo dicembre 2020-gennaio 2021
QUALCHE PENSIERO
Inutile dire che anche peso e pigrizia sono prevalentemente effetti di tutti gli altri complessi retaggi della pandemia, che alla fine è riuscita ad incutere una vaga malinconia e un senso di precarietà esistenziale anche nei più fervidi ottimisti (che si sa, non sono mai stati la maggioranza). Anche il senso della vita si è sdoppiato, da un lato è rimasta la vita vera, quella in cui si prende peso, si invecchia, ci si impigrisce, dall’altro si è andata impostando la vita virtuale (in cui non si ingrassa e non si invecchia), che ha permesso di fare cose impossibili ed impensabili, in modo totalmente o parzialmente digitale. Ora occorre trovare il modo giusto per gestire le due identità e farle convergere verso una salute comune, perchè nonostante le apparenze e le distorte percezioni, la vita virtuale senza l’altra non ha senso di esistere.
E voi che ne pensate?