UNO STUDIO PER COMBATTERE L’INQUINAMENTO
Il settore industriale è un motore propulsore dell’economia europea. Purtroppo, però, è anche una delle maggiori fonti di inquinamento che impattano nell’aria, nell’acqua, nel suolo, nella produzione di rifiuti e nel consumo energetico.
L’attenzione dell’Europa per queste tematiche è molto alta e grazie ad una normativa ambientale rigorosa, ad un incremento dell’efficienza energetica e ad una serie di specifici interventi si lavora incessantemente per mitigare l’impatto ambientale.
Nonostante questi progressi, l’industria è ancora fonte di inquinamento e di una grande produzione di rifiuti. Solo uno studio approfondito delle condizioni ambientali e delle dinamiche dell’inquinamento potranno aiutarci a trovare i migliori interventi da mettere in campo per ripristinare e salvaguardare il nostro ambiente.
LO STUDIO ED IL PROGETTO “ABBACO”
Lavora in questa direzione il recente studio pubblicato sulla rivista “Environment international”, frutto di una collaborazione fra ricercatori e ricercatrici della Stazione Zoologica Anton Dohrn, di ENEA, dell’Università di Ginevra, dell’Università del Salento, dell’Università degli Studi di Urbino, dell’Università Politecnica delle Marche, dell’Università di Friburgo e dell’Accademia delle Scienze della Polonia.
Luigi Musco, docente di Zoologia al Dipartimento di Scienze e tecnologie biologiche e ambientali UniSalento e responsabile scientifico del progetto “ABBaCo”, finanziato dal MIUR e coordinato dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn (pagina web: https://www.szn.it/index.php/it/ricerca/ecologia-marina-integrata/progetti-di-ricerca-emi/abbaco) nell’ambito del quale questo studio è stato realizzato, ha dichiarato:
«Lo scopo principale del progetto è stato fornire un quadro dettagliato dello stato di inquinamento dei fondali di Bagnoli, un’area per molti versi simile a Taranto nella sua storia travagliata di sviluppo industriale, che ha lasciato un’eredità pesante da un punto di vista ambientale».
COME FUNZIONA
Il mare ospita una grande diversità di organismi e le attività umane stanno minacciando l’equilibrio degli ambienti marini, in particolar modo quello delle densamente popolate aree marine costiere, spesso sede di attività industriali. Lo sversamento a mare di inquinanti di vario tipo danneggia gravemente gli organismi marini riducendo la loro diversità. Grazie a questo studio internazionale, è possibile non solo vedere la situazione attuale ma anche capire come era l’ambiente nel passato e quanto velocemente le comunità degli organismi marini si siano modificate in risposta al deterioramento ambientale.
I ricercatori hanno prelevato una carota di sedimento nella Baia di Bagnoli-Coroglio, ex-area industriale del comune partenopeo che si estende su una superficie di circa 249 ettari a terra e 1.453 ettari a mare. Hanno datato i vari strati, determinato la concentrazione di sostanze inquinanti e studiato le tracce di DNA degli organismi marini. Queste molecole, infatti, sopravvivono per centinaia di anni ‘intrappolate’ nei sedimenti che si accumulano sul fondo del mare anno dopo anno. Il DNA estratto dall’ambiente – nel nostro caso dai sedimenti – è chiamato DNA ambientale e rappresenta una sorta di ‘codice a barre’, diverso da specie a specie, che ne permette l’identificazione. È stato possibile quindi ottenere un elenco di organismi marini presenti nel sedimento a partire dagli strati più antichi/profondi della carota (1830) fino al presente.
ALCUNE CONSEGUENZE DEL DNA AMBIENTALE
Queste conoscenze sono fondamentali per il “restauro ambientale”, una branca nuova della ricerca in biologia marina, e l’Università del Salento è l’unica università pugliese partner del Centro Nazionale della Biodiversità (National Biodiversity Future Center), creato con fondi PNRR, che raggruppa le eccellenze nazionali nel campo della ricerca sulla biodiversità.
I progetti che lavorano per mitigare gli impatti ambientali causati dall’inquinamento aprono a nuove possibilità e possono anticiparci gli importanti cambiamenti che interesseranno nel tempo il settore industriale e i comparti economici del futuro.
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