DA RICCI A FICO; IL CAMMINO DEL DRIVE-IN È STATO LENTO MA INESORABILE
Ormai l’operazione di nomina del nostro Capo dello Stato si è concluso felicemente, con una inaspettata, soprattutto per il prescelto, conferma del precedente inquilino del colle. Posso ora essere un po’ più impertinente di quanto mi sarei permesso durante i lavori dei grandi elettori, nel parlarvi di un aspetto collaterale che mi ha fatto riflettere ancora una volta sul fatto che la virtuosità degli strumenti dipende quasi sempre dal modo nel quale si usano. Il tema riguarda il “drive-in”.
Erano gli anni ’60 quando arrivò anche da noi il Drive-In. E riscosse subito un grande successo; esso coniugava due grandi passioni del momento: il cinema e l’automobile; passioni sublimate dalla imperante “americanofilia” a stelle e strisce fatta di jeans, Timberland e partite al bowling.
La televisione non aveva ancora invaso le nostre abitudini, mettendo da parte lo svago centrale del cinematografo mentre l’automobile rappresentava due grandi aspirazioni di quel tempo; una, ancora viva tra noi, era il senso di libertà che l’auto ci regalava; l’altra, ormai sopita in questi tempi, era quella dell’auto come status simbol.
Il drive-in di noi romani stava a Casal Palocco, una nuova area residenziale di Roma, alla sinistra della Cristoforo Colombo, prossima al mare, un tempo paludosa e malsana e poi diventata una zona residenziale abitata dai così detti “nuovi affluenti”, ricchi commercianti e giovani professionisti in corso di affermazione sociale ed economica.
Tutti noi corremmo al drive-in; in fondo era una evoluzione della nostra Arena estiva con l’aggiunta di un vantaggio non secondario perché ci regalava una intimità difficile a quei tempi da conquistare. Tuttavia, velocemente come era arrivata, la moda si dissolse e quell’area riprese ad essere uno spazio polveroso destinato a qualche futura iniziativa edilizia “palazzinara”.
Ma qualcuno rispolverò dopo qualche anno il drive -in. Ricci, infatti, ne fece una trasmissione di grande successo della emergente TV commerciale diventata poi uno dei Cult di quegli anni. La successiva trasmissione “Quelli della notte” sarebbe stata la ideale evoluzione del nostro gusto che andava raffinandosi.
Il drive-in sopravvisse soltanto grazie a Mc Donald’s, senza mai sfondare tra le nostre abitudini condizionate dalla nostra visione mediterranea del cibo concepito come una ritualità della quale il nutrimento era ed è soltanto una parte.
C’è voluto il Covid per consegnare al drive-in una funzione più virtuosa per la rapida e sicura gestione dei vaccini e dei tamponi. E io credevo che oltre non si sarebbe andato nel processo evolutivo del drive- in. Invece sbagliavo.
Qualcuno ha pensato di prenderlo a prestito a difesa del principio democratico del suffragio universale. I grandi elettori, risultati positivi, hanno espresso la preferenza direttamente dalla loro vettura. È stata allestita un’area nei pressi di Montecitorio nella quale i nostri rappresentanti hanno esercitato in questo modo il loro diritto/dovere.
Il drive-in ha una lunga storia di lunga e graduale sublimazione. Ha preso le mosse dal cinema per auto all’aperto; è stato incoronato dalla TV e poi mercificato dall’hamburger. Ma alla fine si è riscattato facendo la sua parte nella protezione del diritto fondamentale della Salute.
Alla fine (ma sarà proprio la fine?) ha conquistato con merito il diritto di sedere in Parlamento. E per cortesia, spero non vi sarete scandalizzati se avrete notato qualche auto blu entrare nel “Montecitorio drive -in”.
Probabilmente sarà stata una delle – spero non rare – volte che queste verranno usate per uno scopo nobile!