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I VIDEOGIOCHI CI AIUTANO A GUARIRE

Nell’immaginario di alcune persone, i videogiochi vengono visti come strumenti utili solo per pochi giovani nerd che passano pomeriggi interi scollegati dalla realtà e immersi in questi mondi paralleli.

UN SETTORE PREZIOSO

Una fantasia decisamente fuori luogo se consideriamo che l’ambito videogiochi è uno dei settori più sviluppati dell’industria tech. Infatti, la creazione richiede grandi abilità e una notevole preparazione. Il mercato dei consumatori vive un’enorme varietà di titoli e anima le numerose piattaforme online dedicate, blog e siti web. Non di rado assistiamo a chilometriche file di persone pronte a spendere cifre notevoli per comprare per primi l’ultima uscita del settore.

Per non parlare poi del retrogaming ossia quel settore video-ludico dedicato alla compravendita e all’utilizzo di videogiochi retrò collegato ad un giro d’affari enorme. Qualche esempio?

Il 9 luglio 2021 una copia sigillata e perfettamente conservata di “The Legend of Zelda” per NES del 1987 è stata battuta all’asta per 870.000 dollari. Due giorni dopo, un esemplare di Super Mario 64 è stato acquistato a un milione e mezzo di dollari. Ad agosto dello stesso anno, un collezionista anonimo ha pagato due milioni di dollari per un’edizione rara e mai aperta di Super Mario Bros.

A giugno di quest’estate, una copia del videogame Lakers vs Celtics and the NBA Playoffs è stata venduta su eBay a 7.780 sterline (poco più di 9mila euro).

LA VIDEO GAME THERAPY

Ma da oggi i videogiochi non sono solo legati alla sfera puramente ludica. Infatti, un gruppo di ricercatori di Milano-Bicocca ha dimostrato come i videogiochi possono essere uno strumento utilissimo in un percorso terapeutico. Questo perché l’interazione avviene in uno scenario immaginario. Quindi, i videogiochi possono diventare dei facilitatori di cura per traumi, in quanto in essi ci sentiamo più liberi e tendiamo ad abbassare le difese.

Questa nuova scoperta potrebbe essere utile per trattare, ad esempio, casi di dipendenze, per la prevenzione, per il supporto ai neet (ossia quei giovani che non lavorano né studiano) e “ritirati sociali”. Ma anche in ambito di ADHD (disturbo da deficit di attenzione), DSA (disturbi dell’apprendimento) ed autismo per favorire l’autoregolazione cognitiva.

LO STUDIO

I dettagli del processo sono stati spiegati nell’articolo intitolato “Putting the Gaming Experience at the Center of the Therapy —The Video Game Therapy® Approach” scritto da Marcello Sarini, ricercatore di informatica del Dipartimento di Psicologia di Milano-Bicocca, insieme a Francesco Bocci, psicoterapeuta Adleriano, e Ambra Ferrari, esperta di ludonarrativa. È stato recentemente pubblicato sulla rivista MDPI Healthcare al presente link.

L’articolo analizza come questa strategia, già nota in ambito clinico, possa essere utile in particolare nella creazione di un efficace rapporto terapeuta-paziente.
La ricerca descrive in modo dettagliato il percorso terapeutico. Si spiega come le diverse fasi della psicologia individuale adleriana siano rese operative nella VGT considerando il ruolo delle sessioni di gioco che ogni paziente ha con i videogiochi commerciali. Questi videogiochi sono scelti dal terapeuta come i più adatti rispetto al contesto del paziente.

Lo studio approfondisce, inoltre, come il paziente stesso possa raggiungere uno “stato di FLOW” e che questa esperienza sia facilitante per affrontare i suoi traumi e le sue difficoltà. Marcello Sarini, ricercatore di informatica del Dipartimento di Psicologia di Milano-Bicocca, ha specificato:

“È attraverso questa esperienza che il terapeuta come alleato del paziente in una coppia terapeutica, può utilizzare i diversi approcci e tecniche che la psicoterapia mette a disposizione, per risolvere le problematiche del paziente”.

TECNOLOGIA E PSICOLOGIA

L’approccio presentato si fonda sul concetto che i videogiochi offrono la possibilità di interagire in uno scenario immaginario, concretizzato visivamente grazie al supporto video-digitale. In tale scenario, il paziente può esprimere gli aspetti salienti di sé in assoluta libertà e con meno difese rispetto al ricorso esclusivo al dialogo.

Questo avviene grazie a due elementi. Il primo è legato alle proprietà immersive del videogioco che rendono l’esperienza ludica particolarmente spontanea. Il secondo è collegato all’attivazione dell’esperienza di “FLOW”, nel quale i due emisferi sono in equilibrio rispetto alle sfide e agli obiettivi che il gioco richiede ed interagiscono tra loro in modo equilibrato.

All’interno dell’approccio della VGT vengono integrate varie tecniche psicologiche. Per citarne alcune abbiamo: l’ascolto attivo, le libere associazioni, l’esposizione allo stimolo, la catarsi, la desensibilizzazione rispetto ad un ricordo/evento traumatico.

IL “COME”

Per la buona riuscita del percorso è di fondamentale importanza che il focus non sia tanto legato al contenuto o al mezzo utilizzato (in questo caso il videogioco), ma soprattutto al “come”, al “modo” in cui il terapeuta o caregiver lo propone e lo agisce in seduta.

Il gaming riattiva, infatti, dinamiche “proiettive” e “difese primordiali” in un ambiente “protetto” e “regolato”. Il “fare” “giocando” nella relazione permette così al terapeuta ed al paziente gamer, alla diade terapeutica, di “immaginare” nella relazione, di far rivivere proiezioni e identificazioni, come anche vissuti emotivi, traumi passati, ricordi d’infanzia, senza rimanere incastrati in essi, ma dandone un significato adattivo e creativo.

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