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IL “LAVORO NUOVO”

Da uno studio realizzato da The Adecco Group: “Resetting Normal: Defining the New Era of Work”, in otto Paesi presi a campione, emerge l’aspettativa, tra dipendenti e manager, di una nuova modalità di lavoro.

Tra i principali punti emersi ci sono:

  • maggiore flessibilità
  • lavoro in ufficio alternato al lavoro a distanza
  • rimodulazione della settimana lavorativa.
IL MODELLO “IBRIDO”

Il futuro è flessibile”. Il lock-down e lo smart-working hanno modificato drasticamente il modo di lavorare. Lo studio in esame evidenzia come in questo breve periodo l’atteggiamento stesso del lavoratore è cambiato e mette in luce alcune mancanze che i datori di lavoro dovranno colmare per riposizionarsi nella prossima nuova era di lavoro.

L’idea di poter trascorrere metà del tempo in ufficio e metà lavorando a distanza – si legge – ha ottenuto riscontri positivi indifferentemente dalla generazione di appartenenza e dall’essere o meno genitori”.

È la fine della giornata lavorativa 09-18? Il 71% dei lavoratori intervistati ritiene che sia giunto il momento di rivedere la durata della settimana lavorativa e che il contratto dovrebbe basarsi sulla produttività e non sulle ore di lavoro svolte.

LA SITUAZIONE IN ITALIA

In Italia i dati sono in linea con gli altri Paesi. I lavoratori sono consapevoli che lo stato di emergenza ha portato una richiesta di aggiornamento sempre maggiore delle competenze. Il 70% ritiene di aver migliorato le proprie skill digitali e il 72% cerca di incrementarle ulteriormente.

Inoltre, si è creata l’esigenza di nuove competenze di leadership: il 74% degli intervistati vorrebbe che i propri manager adottino linee guida incentrate su empatia e supporto ai dipendenti.

I datori di lavoro comunque, per l’85%, hanno avuto un feed positivo sulla gestione lavorativa durante l’emergenza Covid-19. “Nonostante il futuro del lavoro in Italia sia una responsabilità collettiva – emerge dallo studio –, le opinioni sull’argomento sono discordanti: il 75% ritiene sia una responsabilità del proprio datore di lavoro e il 77% crede sia una responsabilità del governo”.

Abbiamo potuto esplorare molti aspetti del “pensiero aziendale” dei diversi lavoratori che fino a poco fa erano impensabili. Non ci resta che vedere quali saranno i reali cambiamenti che ci aspettano.

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