Il vino italiano, eccellenza mondiale, riesce a circoscrivere i danni di un disastroso 2020 grazie ad una nutrita esportazione di prodotto nell’Europa dell’Est.
Il Made in Italy intero ha subito un duro colpo a causa della pandemia e purtroppo non fa eccezione il settore del vitivinicolo.
Un’analisi della Coldiretti sulla base dei dati Ismea ha evidenziato che le chiusure di bar, ristoranti, trattorie, pizzerie e agriturismi hanno causato una perdita di fatturato sull’agroalimentare nazionale di oltre 8 miliardi a causa dei mancati acquisti di cibi e bevande.
Si stima un calo del 40% per tutti gli “acquisti extradomestici” come colazioni, pranzi e cene fuori casa. L’effetto negativo investe un po’ tutti i prodotti agroalimentari: dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura ma anche salumi e formaggi di alta qualità.
DINAMICITÀ DI SETTORE
Il settore del vino dimostra ancora di essere uno dei più dinamici del mondo agroalimentare. Molte imprese sono riuscite a far fronte alla situazione riposizionando la propria offerta nella grande distribuzione oppure investendo in nuovi sbocchi verso il mercato estero.
L’ Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor ha condotto una stima delle perdite del settore per il Sole 24 Ore: a fine 2020, il vino ha subito un calo delle esportazioni del 4,6% corrispondenti a 6,1 miliardi di euro.
Sono cifre importanti ma il risultato è decisamente positivo rispetto al trend globale: -10,5% gli scambi internazionali di vino mentre la Francia (il principale competitor) ha visto sfumare il 17,9% delle proprie esportazioni.
Quest’anno gli spumanti perdono il 5,7% e dopo 11 anni di crescita ininterrotta fanno peggio dei vini fermi: -4,5%.
In questo scenario globale alcuni paesi dell’Est Europa hanno incrementato la domanda di vino, specialmente quello italiano. Parliamo di Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria, Romania, Bulgaria, Ucraina, Estonia, Lettonia e Lituania.
Una piccola analisi: nel 2019 questi paesi hanno acquistato dall’estero vino per 1,335 miliardi di euro. Tra questi 351 milioni sono stati usati per comprare vino made in Italy, circa il 26% del totale.
Il responsabile di Wine Monitor di Nomisma, Denis Pantini, ha dichiarato:
“Nei primi nove mesi del 2020, l’export di vino italiano in questi paesi è cresciuto del 4,3% trainato dagli spumanti (+9,1%), mentre calano i vini sfusi (-24,1%) a conferma di una tendenza che evolve verso i prodotti di qualità a fascia medio-alta. I vini Dop rappresentano oltre la metà dell’export italiano con in prima fila Prosecco (+14,3% e che rappresenta oltre il 40% delle vendite made in Italy), seguito dall’Asti (con una quota del 14,5%) e dai rossi toscani. La fetta maggiore degli acquisti dell’Est Europa è effettuato dalla Polonia (con una quota del 26,4%). In forte crescita la Lettonia (con quasi il 20% del totale grazie al ruolo di hub verso la Russia). Vero e proprio exploit dell’Ucraina (+38%) che ha superato la Repubblica Ceca tra i top buyer”.
L’alta qualità del vino italiano ci permette di evidenziare un nuovo potenziale e interessante sbocco commerciale verso questi paesi dell’Unione europea che oggi assistono ad una evoluzione delle proprie economie, della grande distribuzione organizzata e dei flussi turistici.