Nell’immaginario collettivo l’8 dicembre è il giorno in cui in famiglia si addobba l’albero di Natale. Strade e negozi sono già vestiti a festa da qualche settimana, con l’intento palese di stimolare gli acquisti dei regali e con la conseguenza di rallegrare i cuori nelle lunghe serate dell’inverno incipiente e di stupire i bambini con magici effetti di luci e colori.
Approfittiamo per salutare tutti gli alberi di natale che si accenderanno oggi nelle piazze delle principali città, a partire da quello di Roma a piazza Venezia, che per tutti ormai è famoso come “Spelacchio” a causa di un’annata infausta in cui proprio al centro della capitale arrivò un abete tutto spelacchiato.
ALBERI, PARTE INTEGRANTE DI RITI E RICCORRENZE
In bilico tra usanze religiose e profana, gli alberi sono da sempre parte integrante di numerosi riti e ricorrenze, per i quali spesso si ricorre ad addobbi e decorazioni. L’abete, in quanto “sempreverde” ha in se il valore della speranza, la capacità di non piegarsi al freddo e alle avversità della stagione fredda.
Se possiamo riconoscere un effetto benefico nella pandemia, possiamo forse identificarlo nella rivalutazione dei rapporti familiari e del “tempo con la famiglia”. Questo ci ha portato a scegliere per questo giorno di festa, di pubblicare qualche breve storia sull’origine dell’albero di Natale, da poter raccontare ai bambini o ai fanciulli che ancora vivono in noi adulti, perché in fondo abbiamo sempre tutti bisogno delle favole.
Ve le lasciamo come pensieri un po’ nudi perché la vostra fantasia possa arricchirle con la dovizia di particolari che più vi aggrada.
L’ABETE CHE SALVÒ IL RAGAZZO
Molto tempo fa, in un piccolo paese nordico, un ragazzo fu mandato dalla madre a tagliare qualche ceppo di legna nel bosco perché non ne avevano più e stavano morendo di freddo.
Arrivato nel bosco, il giovane inciampò in una radice e il lanternino che aveva tra le mani cadde e si spense. Il piccolo taglialegna cercò in tutti i modi di tornare a casa ma era buio e non ci riuscì. Stremato, si accasciò sul tronco di un abete che, commosso dal giovane, decise di avvolgerlo con i suoi rami per proteggerlo dal freddo. Così facendo, l’abete salvò il povero ragazzo.
Al sorgere del sole, la madre del ragazzo insieme ad altre persone, si misero a cercarlo e lo trovarono addormentato avvolto nei rami dell’abete che sembravano ricoperti di oro e diamanti a causa del ghiaccio. Il giovane, allora, per ringraziare l’albero decise di piantare un piccolo abete nel giardino di casa e lo addobbò con festoni e ghirlande.
IL BOSCAIOLO INNAMORATO
C’era una volta un boscaiolo sposato con una giovane donna che amava molto. Siccome la amava molto ci teneva che lei avesse cose buone da mangiare e una casa sempre calda e quindi passava molto tempo nei boschi a tagliare la legna, un po’ per rivenderla e un po’ per scaldare la sua casa, che aveva un bel camino di pietra.
La sera di Natale stava tornando a casa tardi come al solito e vide, alzando lo sguardo, un bellissimo abete alto e maestoso. Stava prendendo le misure per vedere se poteva tagliarlo quando si accorse che tra i suoi rami, nella notte che era buia che più buia non si può, riusciva a scorgere le stelle e che la luce di queste sembrava brillare proprio dai rami.
Affascinato da questo spettacolo decise in quel momento due cose: la prima era che avrebbe lasciato il vecchio abete lì dove stava e la seconda che doveva far vedere alla moglie questo bellissimo spettacolo: tagliò allora un abete più piccolo, lo portò davanti alla casa e lì accese delle piccole candele che mise sui rami (senza dar fuoco all’albero accidentalmente).
La moglie del boscaiolo, dalla finestra, vide l’albero così illuminato e se ne innamorò al punto da lasciar bruciare l’arrosto. Da quel momento in poi la bella moglie del boscaiolo volle sempre avere un abete illuminato per Natale e i vicini, trovandolo bellissimo a guardarsi, imitarono presto il boscaiolo.
L’ALBERO DELLA FEDE
Quest’ultima breve favola-leggenda sull’albero di Natale, sembra creare un punto di contatto tra il sacro ed il pagano
Nella Germania dell’VIII secolo un missionario di nome Bonifacio radunò alcune persone del suo villaggio accanto a se perché potessero convertirsi al cristianesimo rinunciando a venerare divinità pagane.
Il rito per celebrare questo passaggio di fede, prevedeva che questi abbattessero di una quercia usata per i sacrifici pagani. La quercia abbattuta, nel cadere si divise in 4 e al centro di essa nacque un pino. Bonifacio allora indicò il pino come simbolo della fede perché la sua cima puntava verso il cielo e perché le sue foglie sempreverdi ricordavano la vita eterna. Da allora il pino rappresenta la nascita di una nuova vita “spirituale”.