Le vacanze di una volta duravano più o meno un mese per i lavoratori e 3 mesi per i bambini e i ragazzi e le madri non lavoratrici che ne seguivano i ritmi.
Generalmente c’era una casa di famiglia più o meno grande, in un luogo di villeggiatura al mare, in campagna o in montagna, dove ci si ritrovava a condividere intere estati o parte di esse con i nonni, gli zii, i cugini, spesso in stanze piccole con letti a castello che tappezzavano i piccoli spazi.
Ci si trascorreva almeno un mese e si aveva il tempo di costruirsi una socialità che aiutava a non sentirsi un “turista”, a riconoscersi anche in quei posti che non erano la propria città di origine. Spesso ci si ritrovava in piccoli paesi dei quali magari i nonni o i bisnonni erano originari o dove avevano iniziato a venire decenni prima della nostra nascita, e in quei vicoli, in quei panorami si finiva per riconoscere un po’ se stessi e le proprie radici. Ogni anno ci si ritornava con l’entusiasmo di chi va a ritrovare gli amici salutati l’anno prima, la certezza dei luoghi cari e la curiosità di vivere chissà quali nuove avventure, conquistandosi anno dopo anno maggiori libertà dai propri genitori.
Poi verso i 15-17 anni si cominciava a venire per periodi un po’ più brevi, inserendo nei programmi estivi vacanze studi all’estero, o viaggi in interrail o viaggi alla scoperta del mondo, ma un pezzetto di cuore restava sempre legato a quei luoghi di villeggiatura familiari. Verso i 18 anni ci si cominciava ad andare solo al volo uno o due weekend per salutare vecchi nonni o zii, e la vacanza vera diventava andare in posti lontani, fare viaggi on the road, seguire le mode, andare in giro per il mondo etc.
Una volta costituito il proprio nucleo familiare autonomo, poi, si ripristinava l’ordine delle cose e si tornava nella casa di famiglia, dove nel frattempo i bisnonni che prima erano i nonni avevano lasciato il posto ai nonni che prima erano i genitori, i figli erano diventati i genitori e i nuovi figli ricominciavano una nuova generazione di percorsi e ricordi.
Via via però le vacanze si sono fatte più brevi, in parte perché le mamme ormai lavorano tutte e le vacanze le si cerca di fare tutti insieme, concentrandole fondamentalmente ad agosto, mese di chiusura generale per la maggior parte delle aziende, in parte perché chi non ha ereditato una casa di villeggiatura difficilmente se la può permettere, in parte perché la discendenza che eredita aumenta il numero di teste addette alla gestione della seconda casa e non sempre si trova la quadra, in parte perché avere una seconda casa è comunque un impegno economico e fisico non indifferente e in parte anche perché è diventato via via più conveniente ed economico viaggiare e girare il mondo piuttosto che investire in una seconda casa.
Le vacanze di una volta, erano certamente molto più impegnative e meno rilassanti, i genitori mettevano a disposizione energie, case, giardini, cucine, per organizzare il tempo tutti insieme, con amici e parenti, ci si impegnava a costruire una comunità che in qualche modo cresceva tutti insieme i figli di tutti, però avevano un sapore davvero bello, di legami, di origini, di vicinanza, di condivisione, di crescita. Ricordo ancora mia nonna, santa donna, professoressa in pensione, che riuniva tutti gli amici miei, di mia sorella, dei miei cugini e faceva sessioni individuali o di gruppo, di supporto allo studio estivo, potrei dire che era solo grazie a lei se si finivano i compiti delle vacanze e se farli era quasi divertente, perché finire il programma del giorno ti faceva vincere l’opportunità di uscire il pomeriggio con gli amici, andare a giocare a tennis, a ping-pong eccetera eccetera.
Alla fine della scuola oggi i bambini cominciano ad essere catapultati nel mondo dei centri estivi e ad agosto le famiglie con bambini hanno iniziato ad affollare i cosiddetti villaggi turistici, dove poter parcheggiare i bambini nei baby club per tenerli impegnati con varie attività, o in alternativa li si porta in luoghi anche bellissimi, ma senza legami. Tutto questo ovviamente ha senso, ma viene a perdersi la creazione del valore di un particolare tipo di socialità, quella scevra dai rapporti della quotidianità. della scuola, delle sttività “obbligatorie” etc. In questo “nuovo” tipo di vacanze, infatti, normalmente si fanno incontri casuali e occasionali, che durano poco, sono poco profondi e non hanno un grosso impatto sulla formazione, né sul futuro dei bambini, finiscono tutti per essere un po’ come gli amici di facebook, in linea con una certa superficialità di rapporti che sta inesorabilmente caratterizzando le ultime generazioni.
Il rischio della dissolvenza della socialità è altissimo, già nella vita quotidiana i rapporti interpersonali sono spesso mediati dall’uso delle tecnologie e di dispositivi che ci trasportano in un mondo virtuale fatto di piccoli fugaci contatti spesso indiretti. Occorre forse valutare bene questo rischio e gli effetti che potrà avere (e che già sta avendo) sulle espressioni sociali delle nuove generazioni, e magari utilizzare il periodo delle ferie per “curarsi” un po’ da questa forma di socialità astratta ed esercitare gli antichi strumenti di socialità fisica, della quale in qualche modo avremo sempre tutti bisogno.
Forse questi ultimi anni tra covid e scombussolamenti sociali hanno riportato in cima qualche valore familiare che ormai sembrava dimenticato o dato per scontato, e magari questo, unitamente all’aumento dei costi e delle spese avrà favorito o favorirà nei prossimi anni un ritorno alle case condivise con parenti e amici, alle vacanze “semplici” che fanno riscoprire le proprie origini e sentirsi parte di una comunità non virtuale.
concordo!