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Dall'italiano al SEO

Digitale

L’INSOSTENIBILE LEGGEREZZA DEL SEO

Come gli algoritmi distrussero la lingua italiana…

Per una persona di formazione classica come la mia – fiera nipote di una nonna appassionata latinista e grecista ancorché cesellatrice dell’italiano – scrivere è senza dubbio un’arte.

Per scrivere online, però non basta più saperlo fare in italiano, occorre scrivere “in” SEO (Search Engine Optimization), rispettando cioè principi e norme – derivati da studi algoritmici – per essere poi “trovati” dai motori di ricerca.

…Perfetto: installiamo sul sito un plugin che verifichi la compatibilità dei nostri articoli con le regole dei motori di ricerca e facciamo un corso SEO.

Fin qui tutto bene, scopriamo una teoria che soggiace ad una pratica che sembra lineare (anche troppo) nonostante molte variabili relativamente comprensibili.

Così, fresca di corsi, approfondimenti e studi, mi affaccio via via al trasferimento degli articoli sul sito, scoprendo con grande disappunto che nessuno si confà alle norme SEO…

Un doppio semaforo rosso, arancione e verde segnala vicino ad ogni pezzo i gradi di “leggibilità” e di “efficacia SEO”; inutile dire che i miei sono tutti rossi. Cerco di risolvere la situazione: aprendo le finestre di dialogo del plugin si leggono tutte le problematiche rilevate negli scritti.

Nella fattispecie:

  • le frasi passive non devono superare il 10% del totale delle frasi – povere forme già passive in più bistrattate e considerate di “difficile lettura”;
  • la parola chiave (o le parole chiave) devono essere contenute nel primo capoverso – addio agli incipit con citazioni, a quelli creativi o che vorrebbero creare suspance e via dicendo;
  • le frasi devono essere “brevi”: non superare le 25 parole per periodo – povere consecutive, povere virgole, poverissimi punti-e-virgola, poveri pronomi eccetera;
  • l’estratto (che corrisponde a quelle poche righe sotto il titolo, quando si trova qualcosa tramite un motore di ricerca) deve contenere le parole chiave a prescindere;
  • l’articolo va farcito di sottotitoli (anche se è discorsivo) – poco importa spezzare la continuità della lettura. Sono molto apprezzati gli elenchi puntati (come questo…).

E ci sarebbe ancora tanto da aggiungere ai “consigli” SEO, ma già così ci troviamo più di fronte ad un telegramma o ad un grafico piuttosto che ad un vero e proprio articolo, perciò non vado oltre. Povera meravigliosa lingua italiana, piegata ai meccanismi dei motori di ricerca non ti si riconosce quasi più!

Sono altre le lingue che amano i periodi brevi, l’immediatezza poco fraintendibile data dall’utilizzo di poche parole chiave, e le forme prevalentemente attive…noi abbiamo una ricchezza di vocaboli, sinonimi, particelle, congiunzioni, pronomi, verbi, locuzioni…che dispiace davvero non poterli usare, doverli risparmiare per l’economia comunicativa SEO, eppure è proprio così.

Finora per rimettere tutti i semaforini sul verde, ho dovuto spezzare così tanti periodi, rinunciare ad altrettante consecutive e risparmiare tanti pronomi, avverbi e locuzioni da non riuscire più a trattenerli. Hanno organizzato un sit-in nella mia testa e ora vogliono uscire!

A capo dell’ammutinamento c’è “Che”, e dietro di lui: “Questo, quello, codesto, esso, il quale, per cui, acciocché, allorquando, e via dicendo fino a supercalifragilistichespiralidoso.

Due domande nascono spontanee: se davvero i motori di ricerca si basano su algoritmi desunti dalle “modalità” di lettura e comprensione umane… l’umanità è diventata incapace di leggere periodi leggermente più complessi o siamo tutti tornati all’epoca delle elementari in cui per prepararsi allo svolgimento dei temi scrivevamo i cosiddetti “pensierini”?

E poi potrebbero i motori di ricerca fare un bel corso completo di grammatica e sintassi italiana invece di essere noi a dover imparare a scrivere SEO?

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