Che lo smart working abbia stravolto il mondo delle imprese e dei lavoratori è ormai un dato di fatto. Il mercato aziendale si è trasformato tantissimo, infatti fino a poco tempo fa era complicato avere delle ore di lavoro da remoto mentre adesso si considerano quasi scontate. Possiamo comprendere la grandezza del cambiamento con le parole del sociologo Domenico De Masi:
“Al 1° marzo del 2020 i lavoratori in smart working erano tra 500 e 600mila, in dieci giorni sono diventati quasi 8 milioni. Ciò vuol dire che in dieci giorni si è compiuto ciò che, se non ci fosse stata l’urgenza determinata dalla pandemia, avrebbe richiesto un tempo di 368 anni”.
L’OPINIONE DEI LAVORATORI
Prima della pandemia lo smart working era visto con un certo scetticismo. Ora l’atteggiamento generale è cambiato e il lavoro da remoto è riconosciuto come una risorsa dai dipendenti di tutto il mondo.
Questo è quanto emerge dal recente studio condotto da Lenovo intitolato Future of Work and Digital Transformation. Il campione di intervistati è di 8.533 persone in ben 14 nazioni (tra cui Usa, Italia, Brasile, Cina, Germania e India). Il 70% di loro ha dichiarato di essere più soddisfatto del proprio lavoro grazie alla flessibilità consentita dallo smart working e uno su nove vorrebbe continuare a lavorare da casa almeno per una parte del tempo.
I CAMBIAMENTI AZIENDALI
Molti IT aziendali immaginano che nel futuro post-pandemia, il lavoro da remoto rimarrà per almeno il 50% del tempo e questo avrà delle ricadute significative sul lavoro. Serve un cambio di mentalità perché con la pandemia e l’avvento dello smart working è crollato il muro che separa la vita privata da quella lavorativa.
Tra gli intervistati nel sondaggio, il 79% afferma di utilizzare per lavoro il proprio smartphone privato per effettuare chiamate, videochiamate, mandare mail e rispondere a chat aziendali. Poiché la tecnologia non fa distinzione a priori tra privato e lavorativo, è importante immaginare delle nuove regole aziendali che finora non sono state necessarie.
Questo cambiamento dovrà partire dal management che un tempo doveva lavorare pensando a come gestire un’azienda. Da adesso dovranno capire come “far funzionare” gli individui senza perdere di vista gli obiettivi aziendali.
Ovviamente tutte queste scelte hanno e avranno molteplici effetti anche sulle aree di rischio delle aziende. Queste dovranno rivedere i piani di prevenzione, protezione, sicurezza ed assicurazione a tutti i livelli.
DIGITAL E CYBER
Lo smart working è possibile grazie alla tecnologia. Questo significa che è fondamentale puntare su infrastrutture informatiche potenti. Dalle analisi condotte, emerge che circa la metà dei dipendenti di aziende medie e piccole ha difficoltà e ritardi ad ottenere un supporto dall’IT quando si verificano situazioni di necessità.
Questa situazione deriva anche da una scelta che le aziende hanno fatto nel passato. I costi dell’IT erano visti come troppo alti da molte imprese che hanno deciso di fare economia proprio su questo ambito. La pandemia ha evidenziato la netta differenza tra le aziende che hanno seguito questa condotta e quelle che, invece, sono riuscite a cogliere in anticipo le reali potenzialità del comparto tecnologico.
Dal mondo digital nasce anche il delicato tema della sicurezza in materia di trattazione dei dati aziendali. Lo smart working, gestito in modo errato, lascia indifesi contro molteplici minacce, alcune anche impensabili. Come le notizie di ogni giorno ci evidenziano, dal web provengono molti attacchi cyber.
Gli stessi dispositivi “smart home” possono essere un rischio per la sicurezza. Per questo è indispensabile per le aziende investire in backup, nuove tecnologie e, ovviamente, formazione in materia di sicurezza dati per tutti i dipendenti.
IL MOBILITY MANAGER
Tanti cambiamenti per il mondo del lavoro tra i quali non possiamo ignorare la nascita del Mobility Manager: una figura finalizzata a “pianificare il lavoro agile dei dipendenti ottimizzando la mobilità dei lavoratori per rendere le città più vivibili e sostenibili”.
La figura del Mobility Manager nelle aziende è stata ufficialmente istituita con un decreto dal ministro dei Trasporti e delle Mobilità sostenibili Enrico Giovannini e Roberto Cingolani ministro della transizione ecologica.
Un’organizzazione calcolata dello smart working su tutta la settimana lavorativa ottimizza i tempi liberi e quelli lavorativi per i cittadini. Si può, così, incidere sul traffico nelle strade, sul movimento nelle città, sulle scuole e, in generale, sulle persone.
Il tutto tenendo in considerazione la sostenibilità e la creazione di città più vivibili.
A CHI È DEDICATO?
Dalle prime anticipazioni sul decreto, sembra che il Mobility Manager sarà obbligatorio in tutte le aziende con più di 100 dipendenti e nelle città con oltre 50 mila abitanti.
Ogni azienda che risponde a questi requisiti dovrà nominare un Mobility Manager e redigere un piano idoneo per organizzare gli spostamenti casa-lavoro entro il 31 dicembre di ogni anno. Il Mobility Manager fungerà da supporto nelle “attività di decisione, pianificazione, programmazione, gestione e promozione di soluzioni ottimali”.
Sembra, invece, che la Pubblica Amministrazione sarà obbligata ad avere questa nuova figura professionale.
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