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Pane e Pasta

Food

PANE AMORE E PASTA MIA!

Acqua e farina ed è subito magia: Pasta, Pane, Pizza… ed è subito Italia. 

Gli italiani amano pasta, pizza e pane: è innegabile tanto quanto il fatto che il resto del mondo vorrebbe essere italiano solo per i nostri primi piatti.

Pane e pasta, grazie ai loro nutrienti, alla loro versatilità e al potere gratificante dei carboidrati, sono diventati re e regina dell’intramontabile “dieta mediterranea”, patrimonio intangibile dell’umanità da oltre dieci anni. Anche l’Osservatorio Food li conferma come i due alimenti più presenti sulle tavole degli italiani.  

Durante questa pandemia è stata proprio la pasta a confermarsi “comfort food” con una crescita stimata della produzione pari a un +25% (Unione Italiana Food). In proporzione anche il consumo della pasta integrale è cresciuto notevolmente. Stessa sorte per il pane: non sarà sfuggito a nessuno l’iconica “caccia al lievito di birra” e la sua penuria nel periodo del lockdown. 

 LO STRANO CASO DELLE PENNE LISCE  

Ma come piace la pasta agli italiani? Soprassediamo sulle ricette e sulle specialità regionali per non perderci nel dedalo infinito delle succulente variabili e per non stimolare troppo il senso dell’appetito nostro e dei nostri lettori, e andiamo al formato. La caratteristica principale è che sia RIGATA senza alcun dubbio. Sarà per la nostra passione per i sughi e per la relativa capacità delle “righe” di trattenerli a sé?  

Durante la pandemia, abbiamo assistito ad una serie di “corse all’approvvigionamento” che nei primi tempi hanno esaurito le scorte della maggior parte dei supermercati. Gli unici prodotti che resistevano ai numerosi assalti erano: le penne lisce. La cosa ha generato non poca ilarità, e ci ha fatto capire che anche in casi estremi l’italiano non rinuncia alle righe sulla pasta. L’unica deroga è per i formati lunghi, tra i quali spaghetti, spaghettoni e vermicelli sembrano primeggiare a discapito degli spaghetti fini e delle linguine.  

QUESTIONE DI MINUTI

Altro valore fondamentale è quello dei minuti di cottura. In Italia la pasta è al dente… altrimenti che pasta è? La pasta passa il termine di cottura solo se è “pasta e patate” o “pasta e fagioli”.

Per il resto: più minuti di cottura sono indicati in confezione, più è spessa e facile da tenere al dente e più è preziosa. Non a caso una nota marca ha recentemente modificato la propria confezione sulla quale non erano molto evidenti i numeri dei minuti, inserendone di cubitali.

 DA PRODOTTI POVERI A PRODOTTI COSTOSI E RITORNO  

Se anticamente la pasta veniva comunque fatta in casa e dunque era appunto un “piatto povero”, con il tempo, la crescita economica e le produzioni industriali, fino a 30 o 20 anni fa, non era scontato trovare questi prodotti nelle dispense. La causa stava nel costo che risultava maggiore in rapporto agli stipendi dell’epoca. 

Dagli archivi dell’Osservatorio scopriamo che nel 1970 il costo di 1 kg di pane si aggirava sulle 725 lire (prezzo medio attuale: 2,5 euro, circa 5.000 vecchie lire) mentre la pasta sulle 850 lire! Se calcoliamo che in quel periodo un impiegato di terzo livello aveva uno stipendio di 130 mila lire (oggi circa 1.300 euro al mese – pari a 2,6 milioni di lire) e un’insegnante di 60 mila lire (oggi 1.600 euro – equivalente a 3,2 milioni di lire)… il rapporto è spropositato.  

Per fortuna il rapporto odierno ci permette di comprare questi alimenti senza difficoltà. Questo, ovviamente, ne permette una sempre maggiore produzione e circolazione. Ci chiediamo se tutte le politiche green sulle quali tanto si discute, ci faranno tornare ad acquistare pasta sfusa, come accade già in alcuni negozi “slow”, e come i nostri nonni ci raccontavano che si usava ai tempi loro. Così forse anche consumare pasta potrebbe essere una pratica virtuosa oltre che gustosa ed anche un po’ poetica.

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