Il Pacific Trash Vortex o il Great Pacific Garbage Patch, come lo si preferisce chiamare, è la chiara e tangibile – forse anche troppo – rappresentazione di come le azioni umane impattano sull’ambiente circostante: un’intera isola nel cuore dell’Oceano Pacifico fatta di pura e fantastica spazzatura.
Un’isola composta da 80.000 tonnellate di rifiuti, un quantitativo decisamente troppo oneroso per poter essere “ripulito” e preso in carico da un singolo paese. Per pulire solo l’1% dell’Oceano Pacifico, infatti, si stima che bisognerebbe impiegare per un anno intero ben 67 navi.
Una soluzione alternativa all’eliminazione, però, viene dal team di Estudio Focaccia Prieto che, con il progetto Polimeropolis, ha proposto di urbanizzare l’isola di plastica anziché eliminarla!
Creare una città galleggiante che, oltre a risolvere il problema dei rifiuti costituisce anche una soluzione all’innalzamento dei livelli dei mari. Già nel 2019, durante la presentazione del progetto “Oceanix City”, Amina Mohammed, vice segretario generale delle Nazioni Unite, aveva evidenziato come “le città galleggianti sono un mezzo per garantire la resilienza climatica, poiché gli edifici possono sorgere insieme al mare. E quando intere comunità galleggianti sono progettate da zero, possono essere progettate come clima neutrale fin dall’inizio”.
Polimeropolis diventa così un esempio di urbanizzazione galleggiante autonoma che invece di inquinare l’oceano cerca di pulirlo. Utilizzando come “base” la plastica presente nel Great Pacific Garbage Patch, la città è stata immaginata come una serie di atolli circolari che presenteranno al loro interno delle enormi lagune con delle piante adatte alla fitodepurazione che purificheranno l’ambiente.
Ogni anello, oltre ad ospitare circa 4.000 persone, avrà delle aree sia produttive che che commerciali e sarà alimentata da energia rinnovabile proveniente dal movimento delle maree. Anche l’acqua sarà resa potabile grazie al processo di osmosi inversa mentre per produrre il cibo necessario a soddisfare il fabbisogno degli abitanti della città, sono previste delle fattorie idroponiche e verticali.
Anche se attualmente Polimeropolis resta perlopiù un’idea i progettisti vogliono lanciare un messaggio concreto, un invito ad uno stile di vita maggiormente sostenibile promuovendo un’economia circolare che, sottolineano, “cerca di chiudere i circuiti dei flussi di materiale e dare priorità al riutilizzo e al riciclaggio delle risorse”. Un esempio di urbanizzazione dove le nostre esigenze si sposano con il rispetto e la salvaguardia dell’ambiente.
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