A Roma sono almeno un migliaio le salme in attesa per la cremazione.
Ormai con le nuove regole del distanziamento sociale ci siamo abituati all’esercizio della pazienza nell’effettuare file e lunghe attese per qualunque motivo: dal bar al supermercato, al drive in e via dicendo. Ciononostante non ci si aspetterebbe di dover fare la fila anche da morti, per essere cremati. Eppure sembra che sia proprio così.
Ottobre ha registrato un picco di decessi e questi dati sembrano prescindere dalla pandemia. Le norme anti-Covid hanno sicuramente contribuito al rallentamento del lavoro, tuttavia ci lascia basiti pensare che un migliaio di salme siano “parcheggiate” nel deposito/camera mortuaria del cimitero Flaminio.
LE INDICAZIONI DELL’AMA
Ecco quanto diramato dall’AMA alle agenzie funebri:
“Per quanto attiene alle cremazioni, avendo ormai raggiunto la capienza massima di salme ospitabili nella camera mortuaria del cimitero Flaminio, si stabilisce che…le salme destinate alla cremazione dovranno essere recapitate presso la camera mortuaria del cimitero Verano, che provvederà a ricoverarle presso apposito locale”. Si precisa, poi, che le agenzie funebri dovranno andare a riprendere le salme e riportarle al cimitero Flaminio per effettuare la cremazione. Il tutto 48 ore prima del momento stabilito. Inoltre, una volta terminati anche i posti di “attesa” del Verano, la cremazione sarà sospesa fino a nuova disponibilità di posti.
Ironia della sorte: il tutto comincia dal 2 Novembre, proprio il giorno dedicato ai morti.
UNA SOLUZIONE PIUTTOSTO CONTROVERSA
Valter Fabozzi, titolare dell’omonima storica agenzia funebre capitolina dichiara: “Tutto questo ha il carattere di un sopruso. E si va ad aggiungere ad un altro sopruso già consolidato: quello della privativa riguardante le cremazioni extra-comunali. Ci sono nella Regione moltissimi forni crematori meno affollati che potrebbero essere utilizzati per le cremazioni.”
Quello di Roma, infatti, è uno degli unici comuni in cui, per effettuare cremazioni in altre località, l’AMA – titolare del servizio nella Capitale – richiede il pagamento di circa 250 Euro più altri 177 per i diritti di uscita dal Comune (a carico, ovviamente, delle famiglie). Ed il problema non si limita all’aspetto economico. Mentre, infatti, un procedimento di cremazione standard si esaurisce in 2/4 giorni lavorativi, questi diventano almeno 10 nei casi in cui lo si esegua al di fuori del Comune di Roma. Il rallentamento chiaramente aumenta il problema della “pressione” sulle camere mortuarie utilizzate per le “attese”.
IL PROBLEMA DEL COVID E LE POSSIBILI SOLUZIONI
Già questo “traffico di salme” da un cimitero all’altro immaginiamo possa essere piuttosto disagevole, e generare strazi e costi aggiuntivi, a carico dei familiari. A ciò aggiungiamo la preoccupazione che le salme in attesa possano diventare anche fonte di diffusione del contagio da Covid-19 tra gli operatori del settore. Per poter gestire la situazione in sicurezza occorrerebbero depositi che siano il più possibile liberi ed igienizzabili.
A seguito delle indicazioni dell’AMA, le agenzie funebri e la loro associazione Federcofit, hanno scritto alla Sindaca Raggi. Così l’AMA ha leggermente ritrattato la prima esposizione del problema. Una delle soluzioni proposte sembrerebbe quella ripristinare, perlomeno, alcuni dei forni inattivi del cimitero Flaminio, e trovare delle tensostrutture refrigerate da adibire a camere mortuarie per le salme in attesa. Questo oltre a generare una dispersione di energie e risorse rende persino peggiore lo scenario del contagio da Covid.
Soprattutto in vista del lungo inverno pandemico che ci attende, si dovrebbe forse optare, almeno per la gestione dell’emergenza, per “liberalizzare” (economicamente e temporalmente) la cremazione extra-comunale. In questo modo si potrebbe provvedere allo smaltimento delle troppe salme in attesa in modo efficace, limitando i costi e i rischi.