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EMOGLOBINA MONZA

Sanità, Scuola & Università

SCOPERTA UNA NUOVA EMOGLOBINA: L’EMOGLOBINA MONZA

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca ha scoperto, grazie all’ausilio di tecnologie avanzate, tra cui l’intelligenza artificiale, una nuova variante di emoglobina, denominata “Emoglobina Monza”.

COS’È L’EMOGLOBINA MONZA?

L’Emoglobina Monza è una variante instabile dell’emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno nel sangue. Questa variante è stata identificata presso la Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza.
La sua instabilità provoca episodi di anemia emolitica acuta, una condizione in cui i globuli rossi vengono distrutti più velocemente di quanto il corpo possa produrli, soprattutto durante episodi febbrili. Questo porta a una riduzione del numero di globuli rossi nel sangue, causando sintomi come affaticamento, pallore, ittero (colorazione gialla della pelle e degli occhi), e ingrossamento della milza.

IL CASO CLINICO

La scoperta è avvenuta grazie al caso di una bambina di origine cinese che, dopo un episodio febbrile, ha sviluppato una grave anemia emolitica. Gli esami hanno rivelato che la bambina, insieme alla madre e ai due fratelli, possedeva questa variante anomala di emoglobina. La variante è caratterizzata da una duplicazione di 23 aminoacidi nel gene dell’emoglobina (HBB), una caratteristica mai osservata prima.

Esistono varianti emoglobiniche, note come ‘emoglobine instabili’, che tendono a essere degradate (ovvero distrutte) sotto stress fisici, come gli episodi febbrili, scatenando così crisi emolitiche. A causarle generalmente sono alterazioni puntiformi nella sequenza amminoacidica dell’emoglobina, che modifica la stabilità e la funzionalità della proteina stessa”, spiega Carlo Gambacorti-Passerini, direttore del reparto di Ematologia della Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza e professore presso l’Università di Milano-Bicocca, che ha coordinato il progetto di ricerca.

LE TECNOLOGIE UTILIZZATE

Per studiare l’Emoglobina Monza, i ricercatori hanno utilizzato tecniche di modellazione tridimensionale e intelligenza artificiale. Queste tecnologie hanno permesso di ricreare la struttura della variante e di capire come essa si comporta in condizioni normali e durante episodi febbrili. In condizioni normali, l’Emoglobina Monza mantiene una funzionalità normale, ma durante la febbre si degrada più velocemente, perdendo il contatto con l’atomo di ferro.

La struttura della variante emoglobinica è stata ricreata utilizzando tecniche di modeling tridimensionale e intelligenza artificiale (reti neurali), recentemente premiate con il Nobel per la chimica”, precisa Ivan Civettini, ematologo e dottorando presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele.

“In condizioni normali – prosegue -, il legame tra le due catene dell’emoglobina è preservato e la duplicazione si presenta come una lunga protrusione che sbatte un po’ come una banderuola nel vento, al di fuori della struttura proteica dell’emoglobina. Inoltre, abbiamo osservato che questa mutazione non compromette il centro attivo dell’emoglobina, dove avviene il legame con ossigeno e ferro. In sintesi, in condizioni normali, l’emoglobina Monza resta stabile e il legame preservato tra le catene dell’emoglobina non causa beta-talassemia”.

IMPLICAZIONI CLINICHE DELLA SCOPERTA DELL’EMOGLOBINA MONZA

La scoperta dell’Emoglobina Monza ha diverse implicazioni cliniche importanti. Tra queste la diagnosi dei pazienti con anemia emolitica acuta, soprattutto i bambini e lo sviluppo di trattamenti mirati che ne miglioreranno la gestione. Inoltre, la scoperta potrà aprire nuove strade per la ricerca, accelerando la comprensione delle malattie emolitiche e la cura.

“La scoperta offre nuovi spunti per comprendere meglio varianti rare di emoglobina, ma che diverranno sempre più frequenti in Italia con l’aumento di etnie diverse da quella caucasica.
L’uso di tecniche computazionali moderne e l’ausilio dell’intelligenza artificiale hanno reso questo tipo di studi più rapido ed economico rispetto a metodi tradizionali come, per esempio, la cristallografia a raggi X. Un’ulteriore prova dell’importanza della collaborazione tra diverse istituzioni nella medicina moderna”.

Carlo Gambacorti-Passerini

CONCLUSIONI

La scoperta dell’Emoglobina Monza, pubblicata sulla rivista Med di Cell Press, rappresenta un importante passo avanti nella comprensione delle varianti emoglobiniche rare e delle loro implicazioni cliniche. Grazie alla collaborazione tra diverse istituzioni e all’uso di tecnologie avanzate, i ricercatori hanno potuto identificare e studiare questa nuova variante, offrendo nuove speranze per il trattamento delle anemie emolitiche acute.

Fonte: comunicato stampa Università di Milano-Bicocca

Nell’immagine in copertina, il modello tridimensionale della catena beta dell’emoglobina Monza (in oro), ricostruito utilizzando l’intelligenza artificiale (AlphaFold), è stato sovrapposto alla catena beta di un’emoglobina normale (in blu).

Un gruppo di ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca ha scoperto, grazie all’ausilio di tecnologie avanzate, tra cui l’intelligenza artificiale, una nuova variante di emoglobina, denominata “Emoglobina Monza”.

COS’È L’EMOGLOBINA MONZA?

L’Emoglobina Monza è una variante instabile dell’emoglobina, la proteina che trasporta l’ossigeno nel sangue. Questa variante è stata identificata presso la Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza.
La sua instabilità provoca episodi di anemia emolitica acuta, una condizione in cui i globuli rossi vengono distrutti più velocemente di quanto il corpo possa produrli, soprattutto durante episodi febbrili. Questo porta a una riduzione del numero di globuli rossi nel sangue, causando sintomi come affaticamento, pallore, ittero (colorazione gialla della pelle e degli occhi), e ingrossamento della milza.

IL CASO CLINICO

La scoperta è avvenuta grazie al caso di una bambina di origine cinese che, dopo un episodio febbrile, ha sviluppato una grave anemia emolitica. Gli esami hanno rivelato che la bambina, insieme alla madre e ai due fratelli, possedeva questa variante anomala di emoglobina. La variante è caratterizzata da una duplicazione di 23 aminoacidi nel gene dell’emoglobina (HBB), una caratteristica mai osservata prima.

Esistono varianti emoglobiniche, note come ‘emoglobine instabili’, che tendono a essere degradate (ovvero distrutte) sotto stress fisici, come gli episodi febbrili, scatenando così crisi emolitiche. A causarle generalmente sono alterazioni puntiformi nella sequenza amminoacidica dell’emoglobina, che modifica la stabilità e la funzionalità della proteina stessa”, spiega Carlo Gambacorti-Passerini, direttore del reparto di Ematologia della Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori di Monza e professore presso l’Università di Milano-Bicocca, che ha coordinato il progetto di ricerca.

LE TECNOLOGIE UTILIZZATE

Per studiare l’Emoglobina Monza, i ricercatori hanno utilizzato tecniche di modellazione tridimensionale e intelligenza artificiale. Queste tecnologie hanno permesso di ricreare la struttura della variante e di capire come essa si comporta in condizioni normali e durante episodi febbrili. In condizioni normali, l’Emoglobina Monza mantiene una funzionalità normale, ma durante la febbre si degrada più velocemente, perdendo il contatto con l’atomo di ferro.

La struttura della variante emoglobinica è stata ricreata utilizzando tecniche di modeling tridimensionale e intelligenza artificiale (reti neurali), recentemente premiate con il Nobel per la chimica”, precisa Ivan Civettini, ematologo e dottorando presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele.

“In condizioni normali – prosegue -, il legame tra le due catene dell’emoglobina è preservato e la duplicazione si presenta come una lunga protrusione che sbatte un po’ come una banderuola nel vento, al di fuori della struttura proteica dell’emoglobina. Inoltre, abbiamo osservato che questa mutazione non compromette il centro attivo dell’emoglobina, dove avviene il legame con ossigeno e ferro. In sintesi, in condizioni normali, l’emoglobina Monza resta stabile e il legame preservato tra le catene dell’emoglobina non causa beta-talassemia”.

IMPLICAZIONI CLINICHE DELLA SCOPERTA DELL’EMOGLOBINA MONZA

La scoperta dell’Emoglobina Monza ha diverse implicazioni cliniche importanti. Tra queste la diagnosi dei pazienti con anemia emolitica acuta, soprattutto i bambini e lo sviluppo di trattamenti mirati che ne miglioreranno la gestione. Inoltre, la scoperta potrà aprire nuove strade per la ricerca, accelerando la comprensione delle malattie emolitiche e la cura.

“La scoperta offre nuovi spunti per comprendere meglio varianti rare di emoglobina, ma che diverranno sempre più frequenti in Italia con l’aumento di etnie diverse da quella caucasica.
L’uso di tecniche computazionali moderne e l’ausilio dell’intelligenza artificiale hanno reso questo tipo di studi più rapido ed economico rispetto a metodi tradizionali come, per esempio, la cristallografia a raggi X. Un’ulteriore prova dell’importanza della collaborazione tra diverse istituzioni nella medicina moderna”.

Carlo Gambacorti-Passerini

CONCLUSIONI

La scoperta dell’Emoglobina Monza, pubblicata sulla rivista Med di Cell Press, rappresenta un importante passo avanti nella comprensione delle varianti emoglobiniche rare e delle loro implicazioni cliniche. Grazie alla collaborazione tra diverse istituzioni e all’uso di tecnologie avanzate, i ricercatori hanno potuto identificare e studiare questa nuova variante, offrendo nuove speranze per il trattamento delle anemie emolitiche acute.

Fonte: comunicato stampa Università di Milano-Bicocca

Nell’immagine in copertina, il modello tridimensionale della catena beta dell’emoglobina Monza (in oro), ricostruito utilizzando l’intelligenza artificiale (AlphaFold), è stato sovrapposto alla catena beta di un’emoglobina normale (in blu).

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