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SMART WORKING IN ITALIA NEL 2024: TREND E NUMERI

Lo smart working in Italia non sta affatto scomparendo. Anche se sono state eliminate le misure semplificate che obbligavano i datori di lavoro a consentire il lavoro da remoto per alcune categorie, il numero di lavoratori da remoto nel 2024 è rimasto stabile: 3,55 milioni rispetto ai 3,58 milioni del 2023, con una leggera diminuzione dello 0,8%. Ad evidenziarlo è l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano presentati durante il convegno “Tra Smart Working e Return-to-Office: orientarsi nel labirinto della flessibilità”.

DIFFUSIONE DELLO SMART WORKING

Nelle grandi imprese, lo smart working è in crescita, coinvolgendo quasi 2 milioni di lavoratori (1,91 milioni, +1,6% rispetto al 2023), vicino ai livelli della pandemia. Il 96% delle grandi organizzazioni ha ormai consolidato iniziative di smart working.

Al contrario, nelle PMI, il numero di lavoratori da remoto è sceso a 520.000 dai 570.000 dell’anno scorso. Nelle microimprese e nella Pubblica Amministrazione, i numeri sono rimasti quasi invariati, con rispettivamente 625.000 e 500.000 lavoratori.

“Negli ultimi mesi, a causa dell’eliminazione degli ultimi obblighi normativi sullo Smart Working e della scelta di alcune grandi multinazionali di far tornare i propri lavoratori totalmente in presenza, si è decretata prematuramente la fine dello Smart Working. In realtà, i numeri fotografano un’altra realtà, con i lavoratori da remoto sostanzialmente stabili rispetto allo scorso anno.

Il lavoro agile cresce nelle grandi aziende e cala nelle PMI. Nelle piccole realtà la fine dell’obbligo dello Smart Working ha riportato in ufficio molti lavoratori, probabilmente perché questo modello organizzativo è ancora visto, prevalentemente, come uno strumento occasionale di conciliazione tra vita privata e lavorativa e non come una vera e propria innovazione nell’organizzazione del lavoro”.

Mariano Corso, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working

GIORNI DI LAVORO DA REMOTO E RITORNO IN UFFICIO

L’Osservatorio ha analizzato la distribuzione dei giorni di lavoro da remoto. In media, gli smart worker italiani lavorano da remoto 9 giorni al mese nelle grandi imprese, 7 nella Pubblica Amministrazione e 6,6 nelle PMI.

Tra chi è tornato in ufficio dopo aver lavorato da remoto, solo il 19% lo ha fatto per scelta personale, preferendo socializzare con i colleghi. Il 23% ha una nuova mansione non svolgibile da remoto, mentre per il 58% è stata una decisione aziendale.

Per i lavoratori, infatti, lo smart working resta una pratica molto apprezzata tanto che il 73% dei lavoratori che ne usufruiscono si opporrebbe se la propria azienda eliminasse questa flessibilità. In particolare, il 27% penserebbe seriamente di cambiare lavoro, mentre il 46% cercherebbe di convincere il datore di lavoro a mantenere questa possibilità.

Per compensare la perdita dello smart working, i lavoratori chiederebbero una maggiore flessibilità oraria o un aumento di stipendio del 20%.

PREVISIONI PER IL FUTURO

Per il 2025, si prevede una crescita del 5%, che porterebbe il numero di smart worker a 3,75 milioni. Le grandi imprese (35%) e la Pubblica Amministrazione (23%) saranno i principali motori di questa crescita, mentre solo il 9% delle PMI prevede un aumento.

Quasi tutte le grandi imprese intendono mantenere lo smart working anche in futuro, con il 35% delle grandi imprese e il 43% delle PA che prevedono un incremento dei lavoratori coinvolti nel prossimo anno. Nelle PMI, invece, solo l’8% prevede un aumento.

L’APPROCCIO DEI MANAGER

Secondo l’Osservatorio, l’atteggiamento dei manager influisce significativamente sull’adozione delle pratiche di Smart Working e sul loro utilizzo. Il 53% delle grandi imprese ritiene che i propri manager siano promotori di tali iniziative, mentre nel settore pubblico e nelle PMI questo atteggiamento positivo è meno diffuso, rispettivamente nel 35% e nel 27% delle organizzazioni. Oltre un terzo delle PMI, invece, dichiara che i propri responsabili sono scettici rispetto allo smart working, permettendo il lavoro da remoto solo in casi particolari.

Inoltre, un approccio strategico, in cui sia lavoratori che manager adattano il proprio modo di lavorare secondo la filosofia del Smart Working, è presente nel 33% delle grandi imprese, nel 20% delle PA e nell’8% delle PMI, portando a migliori prestazioni organizzative e al benessere delle persone.

SPAZI DI LAVORO, SOSTENIBILITÀ E INCLUSIVITÀ

Per quanto riguarda gli spazi lavoro, invece, Cresce l’attenzione al ripensamento degli spazi di lavoro per renderli più efficaci e attrattivi. Il 78% delle grandi imprese ha spazi flessibili e riconfigurabili, soluzioni presenti anche nel 49% della PA e nel 34% delle PMI. Il 56% delle grandi imprese e il 28% di PMI e PA hanno introdotto spazi dedicati al recupero delle energie e alla socializzazione, mentre le soluzioni per il benessere fisico, come gli standing desk, sono ancora poco diffuse.

Molto resta da fare, invece, sul fronte della sostenibilità degli spazi di lavoro. Gli interventi attuati si concentrano principalmente su sistemi che segmentano gli spazi, evitando il riscaldamento o raffreddamento degli ambienti quando non usati. Gli arredi con materiali sostenibili sono presenti nel 40% delle grandi imprese, 15% delle PMI e 12% delle PA. Per quanto riguarda l’inclusività, solo il 26% delle grandi imprese, il 13% delle PMI e il 21% delle PA hanno elementi che rendono gli spazi accessibili a persone con esigenze non standard.

NUOVE FORME DI FLESSIBILITÀ

Meno di 1 azienda su 10 ha adottato la settimana corta, ma questa pratica sta riscontrando interesse. Le motivazioni principali sono migliorare il bilanciamento tra vita privata e lavorativa, aumentare la soddisfazione lavorativa e l’engagement, e risultare più attrattive sul mercato del lavoro. Un fenomeno emergente è l’International Smart Working, presente nel 29% delle grandi imprese, che permette di impiegare persone che risiedono all’estero. Le principali motivazioni sono attrarre specifici profili e trattenere talenti, anche se la gestione fiscale e previdenziale rappresenta una sfida.

La flessibilità nell’organizzazione del lavoro è rilevante per attrarre e trattenere talenti. Per questo le organizzazioni stanno valutando e sperimentando nuovi modelli per ampliare il numero di persone che possono fruire di forme di flessibilità e, allo stesso tempo, accedere ad un più ampio bacino di competenze necessarie. 
Si va dalla settimana corta, adottata effettivamente da meno del 10% delle aziende, ma che riscuote molto interesse, all’International Smart Working: un fenomeno praticato nel 29% delle grandi imprese e che permette di impiegare persone che risiedono all’estero, siano esse di nazionalità straniera o italiana”.

Fiorella Crespi, Direttrice dell’Osservatorio Smart Working

CONCLUSIONE

In conclusione, lo smart working in Italia è tutt’altro che in declino. Le grandi imprese continuano a investire in questa modalità lavorativa, riconoscendone i benefici in termini di produttività e benessere dei dipendenti. Tuttavia, è necessario continuare a monitorare e adattare le politiche di smart working per rispondere alle esigenze dei lavoratori e delle organizzazioni.

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