Mi chiamo Antonella, ho 39 anni e sono la mamma di Aurora, una bimba di 2 anni e mezzo. Sono medico specialista in chirurgia generale e lavoro presso una struttura privata.
Il mio lavoro richiede molta concentrazione e resistenza fisica. Mi piace molto anche se richiede tante energie, ma la parte più bella della giornata è sicuramente quella che dedico alla mia bimba una volta tornata a casa.
LA MATERNITÀ
Abbiamo scoperto dell’arrivo di Aurora in un periodo molto particolare e delicato: quello del Covid. Nonostante ciò, la mia gravidanza è stata un periodo bellissimo. L’ho vissuta in modo sereno, senza particolari ansie e difficoltà. Questo mi ha permesso di lavorare tranquillamente fino al settimo mese.
Dopo il parto, ho usufruito dei mesi di maternità previsti e mi sono calata completamente in questa nuova esperienza. Ho cercato di godermi il più possibile i momenti con la mia piccola bimba e quando ha compiuto quattro mesi sono rientrata a lavoro.
LAVORO E FAMIGLIA
Questo tipo di lavoro non ha sempre dei turni ben organizzati e orari definiti poiché la sala operatoria è imprevedibile. Per questi motivi la gestione della bambina richiede una buona organizzazione. Fortunatamente ho accanto un compagno molto attento, che comprende bene le dinamiche ospedaliere, pur svolgendo un lavoro diverso dal mio e più organizzato. Mi aiuta molto a conciliare vita professionale e vita privata senza sacrificare l’una a discapito dell’altra.
Anche le nostre famiglie hanno avuto un ruolo molto importante. I nonni ci hanno aiutato sin dalla nascita di Aurora, soprattutto nei primi mesi del mio rientro a lavoro.
GIORNATA TIPO
La mattina sveglia presto per tutti e tre. I primi giorni sono stati, senza dubbio, un po’ più complicati, perché abbiamo dovuto affrontare il distacco da entrambe le parti ma fortunatamente, nel giro di poco tempo, siamo riusciti a trovare un nuovo equilibrio. Al rientro a casa (generalmente il mio è un po’ più tardi) cerchiamo di dedicare più tempo possibile alla piccola.
Non nascondo di aver provato dei sensi di colpa e di essermi posta più volte dei problemi su quanto ne avrebbe risentito il rapporto con la bimba al mio rientro, di quel “tempo sottratto a lei” durante le giornate lavorative. Tuttavia, mi rendo anche conto di quanto sia importante staccare e dedicarsi ad altro per avere poi le giuste risorse mentali per affrontare il tempo con la piccola e le sue eventuali richieste di attenzioni e capricci. È tutto un po’ più faticoso ma dà maggiore realizzazione. Bisogna essere fiduciosi e tutto viene da sé.
L’AZIENDA E IL SOSTEGNO
Fino al compimento del primo anno di età di Aurora, ho usufruito dei “permessi per allattamento”, due ore a fronte delle 6.30 (circa) previste da contratto, da dedicare alle esigenze della bambina. Ciò mi consentiva di posticipare l’entrata e di anticiparne l’uscita di un’ora rispettivamente. Tuttavia, l’orario di uscita non era sempre uguale a causa della durata delle sedute operatorie.
Devo dire comunque con tutta sincerità, che l’azienda si è mostrata da subito tollerante nei miei confronti di “neomamma lavoratrice”. Non ho trovato ostilità nonostante qualche volta ho dovuto mostrarmi meno flessibile rispetto a prima della maternità, a causa delle esigenze della bimba. Da parte mia ho sempre dato tutto. Ho sempre svolto il mio lavoro con il massimo dell’impegno e rispettando il mio ruolo.
IL PUNTO DI VISTA DELL’HR
Dalle parole di Antonella percepiamo che l’azienda per cui lavora è in grado di sostenere le proprie mamme lavoratrici nel rispetto dei diritti e della flessibilità proprie della materntà – e della genitorialità. Emerge comunque la funzione fondamentale svolta dai supporti familiari, in primis il compagno che riesce ad intervenire in concomitanza con le esigenze dei turni della mamma e in secondo luogo la presenza dei nonni, che con amore e senza pesare economicamente sulle spese familiari, si occupano della bambina mentre i genitori lavorano.
La figura dei nonni è particolarmente interessante e ci fa riflettere: in primo luogo non tutte le famiglie possono contare sui nonni in quanto spesso non più viventi o non in condizioni di dare supporto attivo nella gestione dei nipoti, in secondo luogo perché, i dati dimostrano che l’età in cui si diventa genitori in Italia è in crescita, e – presumibilmente – le generazioni di oggi non potranno contare sull’aiuto pratico dei loro genitori come nonni, in quanto molto probabilmente saranno troppo vecchi.
Un grande passo in avanti in tal senso lo ha recentemente fatto la Svezia, dove i nonni possono usufruire addirittura di giorni di congedo parentale retribuiti, tolti dal monte giorni di congedo spettante ai genitori.
Per crescere un bambino serve una comunità, una comunità fatta di parenti, di amici, di vicini, ma servono anche politiche di sostegno vero alle famiglie partendo per esempio da pratiche di flessibilità che possano essere previste per i genitori fino al compimento del 10° anno dei bambini, dalla rivalutazione del valore delle ore lavorate in generale dagli impiegati, a partire dalle categorie più “deboli” tra i quali rientrano senza dubbio i genitori, e quanto altro possa permettere ai genitori di trascorrere tempo con i loro figli nel rispetto delle loro professioni e occupazioni.
Ne va della formazione delle generazioni future, del trasferimento dei valori ad esse, della possibilità di conoscere davvero i propri figli, della responsabilità sociale solidale che tutti abbiamo, nella crescita del mondo stesso.
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