Lo stress può assumere forme diverse perché può essere causato da molteplici fattori. Uno dei fenomeni che maggiormente influenza la nostra vita è la tecnologia. Questa, a causa della sua velocissima evoluzione, è spesso poco affine ai “ritmi” delle persone. Pensiamo ai molteplici aggiornamenti di software, all’arrivo di sistemi sofisticati che richiedono conoscenze complesse e all’impiego massivo di tecnologie a seguito delle nuove evoluzioni del lavoro (come lo smart working). Il “non adattamento” può causare pressione psicologia, disagio e frustrazione.
Sembra un po’ esagerato? Dalle ultime analisi emerge che un utente medio spende più di quattro ore al giorno davanti al suo smartphone, riceve una notifica circa ogni 180 secondi e consuma così il 28% della sua giornata.
L’iperconnettività e lo stato di “always-on” causa technostress: un aumento dei livelli dello stress e del malessere psicologico che, nel lungo periodo, provoca la diminuzione della capacità di concentrazione.
Tutti rischi che possono incidere sulla nostra produttività e sulla qualità della nostra vita.
Il nostro benessere digitale è strettamente connesso con il nostro benessere globale, quindi, è fondamentale usare in modo consapevole tutti i dispositivi digitali.
COS’È LA TECHNOSTRESS?
Il primo a parlare di technostress, nel lontano 1984, fu lo psicologo americano Craig Broad. Nel suo libro, intitolato “Technostress: the human cost of computer revolution”, l’autore descrive un nuovo tipo di stress legato all’uso delle tecnologie. Per lo psicologo il technostress è: “un disagio moderno causato dall’incapacità di coabitare con le nuove tecnologie del computer”.
Passano 12 lunghi anni e il professor Richard A. Hudiburg riprende l’argomento presentando la sua ricerca “Assessing and Managing Technostress”.
L’anno dopo gli psicologi Michelle Weil e Larry Rosen pubblicano il loro libro in cui aggiornano la definizione di technostress ossia: “ogni impatto o attitudine negativa, pensieri, comportamenti o disagi fisici o psicologici causati direttamente o indirettamente dalla tecnologia”.
Ormai lo stress digitale non è più ignorabile e a partire dagli anni Novanta il numero degli studiosi che si sono dedicati a questo tema sono aumentati in maniera esponenziale.
“Una nuova tecnologia non aggiunge e non sottrae nulla: cambia tutto”
Neil Postman
GLI EFFETTI CAUSATI DAL TECHNOSTRESS
Quasi tutti possediamo uno smartphone e, certamente, non è corretto pensare che sia la sola ed unica causa di questo tipo di stress. Le nostre attuali abitudini digitali hanno aumentato i momenti di “esposizione” in quanto ciascuno di noi può essere contattato in qualsiasi momento e ovunque. Le nostre abitudini digitali possono proiettarci in un “tempo sferico”, privo di un inizio o di una fine, dove tutti gli aspetti della vita si fondono ai cyberspazi, professioni e personali. Questo genera una valanga di informazioni, a flusso continuo, dal quale siamo investiti.
Quando il nostro cervello riceve un’informazione, questa corrisponde a un input mentale che richiede una risposta in grado di attivare le nostre connessioni neuronali. L’uso di più dispositivi digitali può generare una notevole quantità di input che causano un sovraccarico informativo in grado di generare stress.
Questa situazione, prolungata nel tempo, può provocare delle ripercussioni tra le quali potrebbe esserci:
- aumento dell’ansia;
- insonnia e alterazioni del ritmo sonno-veglia;
- stanchezza cronica;
- irritabilità e rabbia;
- dolore cervicale;
- disturbi della pelle come psoriasi e dermatiti.
L’ALTRA FACCIA DELLA MEDAGLIA
Il technostress è indubbiamente un tema importante nella società odierna ma non dobbiamo dimenticare che l’uomo è colui che gestisce tutto il processo e che non esiste uno strumento “cattivo” di per sé.
Facciamo un esempio. Una recente ricerca, condotta su alcuni volontari da Microsoft, ha dimostrato che saltare da una videoconferenza all’altra, senza alcun tipo di interruzione, è fonte di stress per il nostro cervello.
Dai risultati dello studio è emerso che, durante le pause, il cervello effettua una sorta di reset, riducendo i tassi di stress e i cali di concentrazione.
L’azienda ha così deciso di inserire nuove impostazioni per i meeting in cui le organizzazioni possono, eventualmente, imporre delle pause per tutti i dipendenti.
MIND YOUR TIME
È chiaro che possiamo prevenire questo tipo di stress attraverso un utilizzo consapevole delle tecnologie, una buona routine e, incredibilmente, attraverso lo stesso smartphone!
“Mind Your Time” è l’app che promette di trasformare l’uso dello smartphone “da fonte di stress a strumento per il benessere”. Quest’app è il terzo progetto lanciato da Biunicrowd e dovrebbe contribuire a rilassarci e a riaccendere la nostra concentrazione. I creatori sono tre psicologi, due informatici e un economista, tutti under 30.
Biunicrowd è un programma dell’Università di Milano-Bicocca finalizzato ad aiutare studenti, ex studenti, docenti, ricercatori e dipendenti a concretizzare progetti innovativi attraverso campagne di raccolta fondi.
Produzioni dal basso è la piattaforma dedicata al crowdfunding. L’obiettivo è raccogliere 10mila euro che consentiranno di sviluppare la versione gratuita di quest’app per il benessere mentale contro iperconnettività, compulsione digitale e technostress.
L’INVENZIONE
Come funziona? Nella pratica parliamo di un sistema di monitoraggio dell’uso delle altre app e dell’intero smartphone. L’utente seleziona cosa monitorare e imposta delle soglie di tempo di utilizzo. Qualora si superassero queste soglie, “Mind Your Time” invia una notifica e, attraverso un avatar, suggerisce delle attività o delle tecniche della psicologia del benessere come, ad esempio: meditazione, rilassamento, focusing e scrittura espressiva.
Queste attività durano tra i 3 e i 20 minuti e sono strutturate in livelli che l’utente sblocca quando supera lo step precedente. Mattia Minzolini, team leader di “Mind Your Time”, ha dichiarato:
«Mind Your Time è una tecnologia positiva che pone al centro l’esperienza e il benessere della persona e adotta un approccio scientifico proprio della psicoeducazione. Se la campagna di raccolta centrerà l’obiettivo, a settembre lanceremo la prima versione gratuita dell’app, mentre entro la fine dell’anno arriverà anche la versione premium. Guardando più in là nel futuro, vogliamo potenziare le funzionalità dell’app grazie all’intelligenza artificiale, con un meccanismo di “emotional tracking” basato sul riconoscimento delle espressioni facciali e con un sistema di customizzazione dei contenuti proposti basato sulla personalità dell’utente».